Giuseppe Maffioli, gastronomo appassionato di origine padovana ma trasferitosi fin da bimbo nel trevigiano, affermava che il radicchio tardivo, un'indivia belga creata dal botanico Van den Borre e successivamente incrociata con alcune specie di radicchi veneti, era l'espressione "dell'antica anima veneta, dalle ancestrali osservanze religiose, dal profondo rigore morale, dalle speranze rivolte ai cieli, sino alla delicata contemplazione della natura ed al gusto di aderirvi serenamente con una semplicità assoluta che diviene raffinato uso delle gioia che essa propone saggiamente ed onestamente ai sensi. Punta verso l'alto ma si nutre dei succhi più profondi e completi".
Il radicchio tardivo che "fiorisce" sulle nostre tavole in inverno risale a poco più di un secolo fa quando Francesco Van der Borre fece conoscere ai contadini trevigiani la tecnica dell'imbianchimento, un rituale che, grazie alla mano dell'uomo, alla terra, al buio e all'acqua pura di sorgente (e il territorio trevigiano è ricco di corsi d'acqua), trasforma un anatroccolo in un cigno. Se volete conoscere le tecniche dell'imbianchimento, leggete qui.
Oggi ve lo presento in una ricetta light, giusta giusta per l'inizio del nuovo anno con gusto e per decantare gli inevitabili eccessi gastronomici delle recenti festività, un'insalata di radicchio tardivo con julienne di prosciuttino Snello e tapenade agli agrumi.
Buona lettura!
E' proprio amore quello mi lega al tardivo, non potrei farne a meno. Succulento e dietetico, visto il periodo. Eolo
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