I giorni che anticipavano l'allestimento natalizio di quand'ero piccola erano sempre avvolti dall'idea della scoperta insaporita da una buona dose di curiosità, condimento che non dovrebbe mancare mai, dal primo all'ultimo giorno della nostra vita.
Di anno in anno le veline che avvolgevano le fragili decorazioni in vetro soffiato venivano parzialmente sostituite con fogli di giornale ed ogni anno il tempo dedicato all'allestimento dell'albero era sempre più lungo perché, tra una colorata pallina ed un etereo puntuale, mi fermavo a leggere le notizie che i fogli ingialliti dal tempo proponevano. Una sorta di playlist di fatti, editoriali, pubblicità. Ricordi. Come una filosofia delle piccole cose, della quotidianità. Una sorta di gioco che ripresi anni fa nella speranza di trovare una cura al male inguaribile dell'umanità, ovvero la stupidità.
Così all'inizio dell'anno mettevo da parte alcune riviste e qualche quotidiano che pubblicavano il riassunto dell'anno che stava finendo cercando poi di fare una specie di oroscopo all'anno a venire. Riviste che poi riprendevo alla fine dell'anno per rinfrescarmi la memoria. E sperare.
L'anno scorso era tutto un parlare di Maya e di fine del mondo: il mero calcolo di una popolazione andina, che non seppe prevedere la propria distruzione 500 anni fa, è stato usato come fosse cloroformio per anestetizzare ulteriormente un paese, ed un mondo, che non capisco come non abbia ancora nausea di sè stesso.
Poi la sequela di ovvi argomenti: il look da adottare prima delle feste, durante le feste, alla fine delle feste. Il menù della tradizione e quello innovativo. Le abbondanti libagioni e le tisane da coccodrillo. Gli aumenti delle tariffe (tutte, come sempre, giusto per non far torto a nessuna), i soldi della collettività gettati per i botti (ovvero le energie sprecate sia dagli uomini della Gdf, per i sequestri di quelli illegali, che dagli operatori sanitari, per gli inevitabili codici rossi ospedalieri), i parenti serpenti delle feste comandate e l'invito a trasferirsi in un'isola deserta, su quali fondi di investimento puntare in piena recessione economica causata da una finanza malata che specula sul grano e sull'acqua e il tutto esaurito delle località turistiche, il vippume amabilmente sparso e il servizio delle feste di Marta Marzotto. Siamo abili a non farci mancare l'ovvio, a rendere il banale necessario.
Riscopro un anno dominato dalla paura, la cui etimologia nasce da "percuotere". E si picchia per annicchilire, bloccare, fermare.
A me piacerebbe che il 2013 fosse un anno dominato dalla speranza, la cui etimologia nasce da "tendere, aspirare verso una meta". Una virtù teologale, una divinità amata dagli antichi, una musa per i poeti amica del sonno.
Chi spera immagina e progetta. Chi progetta studia per migliorare la propria condizione. Chi studia si impegna e si sacrifica ed i risultati ottenuti di solito non sono limitati ad una fruizione singola ma portano piacere e benessere alle persone che non ruotano attorno all'impegno e alla volontà.
Per cui quest'anno ho deciso di terminare questo "gioco", dopo aver constatato la banalità di relativamente recente passato, e di puntare semplicemente al futuro con l'ottimismo della ragione e l'impegno della speranza.
Lo stesso impegno che ha fatto di una donna minuta della borghesia piemontese una figura di importanza mondiale per un intero secolo e per i secoli a venire, grazie ai risultati di una vita dedicata allo studio: Rita Levi Montalcini. Scienziata che, a quei politici (uomini) italiani che l'hanno dileggiata ha riservato l'onore del silenzio.
Perchè non tutte le persone, a maggior ragione se stupide, meritano una risposta.
Vorrei iniziare l'anno nuovo, ispirata dunque dalla consapevolezza che solo l'impegno e il lavoro danno onore alla propria vita, con una ricetta davvero particolare, una ricetta che una dolce e minuta ottantenne mi ha regalato e tratta dal ricettario della propria famiglia. E' un dolce di Natale che la nonna marchigiana preparava durante i giorni di festa, un dolce ricco i cui semi (noci, mandorle, nocciole) sono stati raccolti personalmente da Filomena - un nome d'altri tempi - e nelle cui righe del ricettario autografo si legge un amore ed una passione infiniti per la propria famiglia.
Dolce di Natale di Filomena
Ingredienti (per una tortiera di circa 30 cm di diametro e comunque le quantità sono davvero ad occhio, misurate nel corso di tantissimi anni)
1.200 di pasta per pane preparata con 850 farina, acqua a temperatura ambiente, un bicchiere scarso di olio leggero una puntina di sale e due cubetti di
lievito di birra,
750 gr di fichi secchi, 200 gr di noci, 250 gr di mandorle, 200 gr di nocciole, un cucchiaio di zeste di arancio e limone bio, 2/3 cucchiai di zucchero semolato.
Procedimento
Preparare l'impasto di pane e lasciarlo lievitare per circa 1 h e 30'. Riprendere il composto, stenderlo, spennellarlo con un po' d'olio, spolverizzare lo zucchero e la frutta secca sminuzzata, impastare
bene fino ad ottenere un composto omogeneo, mettere nella tortiera coperta di carta forno e lasciar lievitare per circa 2 ore.
Cucinare nel forno statico già caldo a 150° per circa mezz'ora, poi 180° per un'altra mezz'ora e poi 200° gli ultimi 15' per colorirla un po, avendo l'accortezza di mettere un pentolino d'acqua sul fondo del forno.
Sfornare, lasciar raffreddare e prima di servire spennellare la superficie con
acqua e zucchero.
Vi lascio con questo frammento di un film meraviglioso vecchio di 73 anni, Il Grande Dittatore", e mai tanto attuale. E' il discorso che Charlie Chaplin, sotto le mentite vesti del dittatore, fa all'Umanità, dove incita i soldati a non ascoltare a passo d'oca le promesse dei dittatori e di unirsi per promuove la fratellanza universale in un mondo dove la scienza e il benessere renderanno libero l'uomo. Chaplin era anche un comico, come ce ne sono tanti nel nostro paese, ma quanto diverso è il suo spirito e quanto cariche di significato le sue parole, vero Signor Grillo?
Iniziare l'anno così non ha prezzo, per fortuna non faccio parte di quella categoria di uomini stupidi che pensano alla donna come ad un "operaio" da cucina o "guidatore di ferro da stiro". Le mani di quella foto sono mani usurate dalle ore di lavoro che le casalinghe, o comunque le donne che mandavano "avanti" una casa, si ritrovano a fine carriera. Sono mani che non chiederanno mai una ricompensa o una buona uscita milionaria, basta un pò di rispetto e amore. L'onestà e la passione che trasmettono quelle mani dovrebbero essere iniettate nelle vene di una buona parte di chi vive questo mondo. Il tuo è un "Editoriale" non una semplice ricetta d'augurio per un 2013 ricco di cose semplici, proprio come gli ingredienti di questa torta. Prima de "Il fatto quotidiano" leggo lacucinadiqb, questo è ormai è un dato di fatto. Duemilatredicibrava! Eolo
RispondiEliminaCiao Eolo, se leggi Il Fatto Quotidiano vuol dire che quello che sta accadendo a questo nostro Paese non ti trova molto d'accordo. Credo che parlero' ancora di donne, di quelle che mandano avanti I'll mondo portandolo sulle proprie spalle e poi finiscono le loro giornate in un anonimo letto di un'anonima stanza che profuma di disinfettante ospedaliero. Come se tutto l'amore che hanno in donato in vita non avesse l'auspicato effetto boomerang. Speriamo che l'aria nuova che si respira porti anche ad una consapevolezza piu' etica dell'anziano e dell'invecchiare. Perche' per fare un vecchio ci vuole una vita.
EliminaCiaoooo, appena iscritta!
RispondiEliminaPerchè?
Perchè mi piace come scrivi e quindi anche le ricette e i post che proporrai non potranno che essere buoni :)
Valentina
Ciao Valentina e grazie davvero per la tua visita. In bocca al lupo per la tua, anzi vostra, nuova web-avventura! P.s.: buono I'll croccante al cioccolato :)
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