Un articolo di Giampiero Rorato, risalente alla fine degli anni '80, racconta che le trippe, pur essendo un piatto povero o, meglio, per i poveri, vengono valorizzate in moltissime ricette: in brodo, agli aromi, con il pomodoro, alla parmigiana, alla polacca, stufate, alla tolosana, in "vinagrette" (ovvero con l'aceto), con lo zafferano, all'andalusa, alla catalana, alla milanese, con i crauti, con le cipolle, alla lionese, impanate, al vino bianco, alla libanese e, naturalmente, alla trevigiana, area che nel Veneto ha saputo farne un vero e proprio piatto da gran signori, di "aurea bontà".
"Un tempo infatti, quando la stagione diventava fredda, c'era l'abitudine, al mattino, di consolare il cuore attraverso lo stomaco con una corroborante zuppa di trippe, ovvero le Trippe del consolo e del ristoro, come amava definirle Giuseppe Maffioli, offerta al mattino, nei giorni degli sponsali, agli amici degli sposi, ma presente anche nelle osterie di città, specie nei giorni di mercato."
Nelle campagne venete le trippe, prima del lavaggio e delle successive lavorazioni, venivano raccolte nel "cain" (catino), un recipiente di terracotta smaltata utilizzato anche dai "folpari" (gli ambulanti che ancora oggi si possono trovare ai mercati che offrono fritture e folpetti "take away") per tenere in caldo folpi e bovoeti (le lumachine di terra che si trovano numerose dopo gli acquazzoni).
Ed è stato proprio un libricino, pubblicato nel 1979, rivenuto nel caos della mia libreria che mi ha raccontato una storia molto bella ovvero quella dei pranzi didattici che per oltre un decennio vennero organizzati da Angelo Serafin e dai Sommeliers Ristoratori a valorizzazione della cucina della marca trevigiana e del Veneto in generale.
Un rito, curato con eleganza e passione, con introduzioni descrittive direi auliche, dalle quali si evince un rispetto per quanto la tradizione ha saputo consegnare di generazione in generazione e per quanto, il susseguirsi di queste generazioni, ha saputo accogliere, rivisitare e ri-valorizzare.
Il libricino era di mio suocero, giornalista sportivo ed appassionato gastronomo, che aveva condiviso questi pranzi didattici con Luigi Veronelli e Isi Benini, personalità di indiscusso valore e spessore che iniziarono a parlare di cibo e vino in maniera diversa, facendo tesoro della tradizione ma anche affrancandosi da essa. Ecco allora che il vino smette di essere un alimento e diventa un tesoro prezioso da valorizzare ad ogni sorso con i giusti abbinamenti a quei piatti che diventano "cucina moderna, semplice e ricercata nelle scelte, elegante, fine, leggerissima ed in linea con le attuali nostre esigenze di uomini moderni".
I "saggi (assaggi) di Cucina Veneta ed accostamenti ai vini" diventa quindi, nelle intenzione degli autori e dei curatori, non un ricettario ma un vademecum, un tripadvisor "cum grano salis" e, con mia somma sorpresa, tra le pagine di questo viaggio del gusto, ho incontrato degli amici ovvero il papà di questi, Giorgio, e la sua omonima trattoria che oggi è conosciuta con il nome di Trattoria Enoteca Schiavon.
Il pranzo didattico in questione è quello del 19 marzo 1979 (ed io che amo le coincidenze non ho potuto non emozionarmi al fatto che in questa data, quella del 13esimo compleanno, iniziai a pensare al cibo in maniera diversa, che iniziò ad incuriosirmi) e tra i piatti preparati ho trovato la ricetta della "Zuppa Paesana" ovvero la zuppa di trippe e fagioli, più golosa e corroborante che mai.
Ancor oggi Giuseppe, Francesco e Vania (i figli di Giorgio che ne hanno raccolto il testimone tra i fornelli) preparano le Trippe in brodo che i clienti, all'uscita da Messa e prima di tornare a casa, tra una partita di carte ed una risata, gustano in compagnia, accompagnandole con un buon bicchiere di vino rosso.
E se non vi dovessero piacere le frattaglie dall'ordinatissima cucina di questi ragazzi escono anche incredibili piatti per pranzi vegani e sardi, regione che hanno "sposato" una ventina di anni fa e che stanno esplorando in lungo e in largo presentando ogni volta piatti ed abbinamenti unici.
Dedico questo piatto a loro ed alla loro amicizia, alla loro professionalità e dedizione estreme, alla loro semplicità ed ai loro sorrisi espressi sempre e comunque. Perché per rappresentare adeguatamente la "cucina" non è sempre necessario essere "fighi" ma è fondamentale essere bravi.
Un'ultima curiosità sulle frattaglie riguarda il polmone che, cucinato con tutti i crismi, ha saputo sfamare migliaia di veneziani. La tradizione di valorizzare questa frattaglie ha origini antiche, risalendo appunto alle schiere di gatti che sbarcavano miagolanti in laguna, provenienti dalla Siria (o Soria, come si diceva allora), e battezzati "Soriani". Arrivavano come turisti? No, come lavoratori: venivano assunti dalla Serenissima per sterminare le colonie di topi portatori della peste che falcidiò la popolazione in più riprese.
Zuppa Paesana di "Giorgio"
Ingredienti (per 4 persone)
400 g di trippe di manzo o vitello, 50 g di lardo, 50 g di olio evo, 1 litro di brodo di carne, 1 spicchio d'aglio, 1 rametto di rosmarino, 1 cipolla, sale e pepe nero macinato al momento
400 g di fagioli di Lamon, 2 piedini di maiale, la crosta pulita di un bel pezzo di parmigiano reggiano, 1 cipolla, 50 g di olio evo, 50 g di lardo, pepe macinato al momento.
Procedimento
Mettere in ammollo i fagioli 12 ore prima della cottura della zuppa.
Cuocere a lungo le trippe ben bollite cambiando l'acqua poco salata per due volte durante la cottura ed affettarle finemente. In un mortaio pestare il lardo, l'aglio e gli aghi di rosmarino. Trasferire il battuto in una casseruola dal fondo pesante, unire l'olio evo e rosolare la cipolla tagliata, unire le trippe, regolando di sale e profumando con il pepe macinato al momento, coprire con il brodo di carne e lasciar cucinare per un'ora coperto ed a fuoco dolce.
In un'altra casseruola unire il lardo tritato, l'olio evo e la cipolla tritata, far rosolare per qualche minuto, unire i piedini di maiale, aggiungere 2 litri di acqua ed i fagioli ammollati. Cucinare a fuoco dolce fino a quando i legumi non saranno morbidi. Togliere i piedini e la scorza, mettere da parte 1/3 dei fagioli, frullare la parte restante e passarla al colino.
Unire la zuppa e la vellutata, mescolando bene, unire i fagioli interi, regolare di sale, servire con una "c" di olio evo ed una macinata di pepe nero e con dei crostini di pane croccante.
Interessantissima ricetta e, comq continuo a dire, anche se il quinto quarto mi procurava molti fastidi, ora, anche grazie a moltissime ricette, lo sto apprezzando sempre di più
RispondiEliminaAmante della cucina veneta, ti ringrazio per questa variante della classica "pasta e fasoi" che non conoscevo, interessante e corredata da una storia al seguito che fa riflettere sul vero senso della cucina fatta come si deve, senza tanti gastrofighettismi.
Grazie a te Monica. Hai detto benissimo, da standing ovation: senza tanti gastrofighettismi!
EliminaAnche questa volta mi proponi un post molto interessante che va ad arricchire e ad essere complemento perfetto del piatto...cosa è successo il giorno del tuo 13esimo compleanno tanto da ricordarlo ancora? E prima di passare alla ricetta: non ho capito il legame tra la cottura del polmone a l'arrivo dei soriani..Ora il piatto: una goduria! Mi piace l'idea di lessare due volte le trippe cambiando l'acqua: deve renderle un po' meno forti al palato e non guasta. La cottura coi zampetti e la scorza del parmigiano insieme ai fagioli sicuramente li arricchisce di un qualcosa in più...nell'unire il tutto ci avrei anche rimesso la scorza che nelle minestre è uno dei miei bocconi preferiti! Grazie mille per le tue proposte così diverse, ma che hanno in comune un amore che traspare da ogni riga per la cucina e una sapienza affinata nel corso degli anni.. cri
RispondiEliminaCiao Cristiana, hai ragione. Il polmone non c'entra con il piatto in questione e mi sono lasciata prendere dalla foga di raccontare questo fatto curioso ovvero di come un piatto diventa consuetudine gastronomico grazie alla presenza dei gatti in una citta' :) perche' credo davvero che non bisogna smettere di raccontare il passato della nostra cucin che e' la piu' bella, e buona del mondo!
RispondiEliminaMi ha colpito tutto di questo tuo post, Anna Maria: mi ha interessata parecchio la ricetta, preparata con ingredienti che amo molto, ma non meno mi ha affascinato il racconto che la precede. Come suol dirsi, post da incorniciare! Bravissima e grazie
RispondiEliminaDani
Grazie Daniela, davvero. E' stato emozionante sfogliare, in religiosa concentrazione, le singole pagine del libretto e scoprirci un recente, ma quasi dimenticato, passato fatto di etica e di risate. E grazie di cuore anche per aver premiato il mio rosmarino (nel senso che viene dal mio giardino) sopravvissuto all'esuberanza di Tzunami-Maggie :)
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