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Il baccalà e le prugne #innamoratedelsole insieme nelle cucine di Lisbona


Il Portogallo vanta ben 366 ricette a base di merluzzo sotto sale, ovvero baccalà: una per ogni giorno dell’anno, bisestili compresi. In una sorta di pesca d’altura assieme a Sunsweet ne abbiamo trovata una con le prugne #innamoratedelsole. Curiosi? 

Lo Zen e l'arte della manutenzione del Bacalhau
I piatti della tradizione gastronomica portoghese, e quella di Lisbona in particolare, sono espressione di una cucina sana e gustosa, densa di colore e di profumi e contaminata da centinaia d’anni di storia e di traffici commerciali.
La base dell’alimentazione quotidiana è formata da pesce, verdure, riso e legumi e tanta frutta

Il menù offre naturalmente anche piatti a base di carne ma è il pesce l’indiscusso e prezioso protagonista di moltissime specialità e baccalà e sardine trovano posto in tutte le cucine del paese, comprese quelle più lontane dai corsi d’acqua. E’ insolito infatti constatare come un paese, altamente pescoso e bagnato dall’oceano, riservi un posto d’onore al baccalà e, in minor misura, allo stoccafisso, ovvero al merluzzo salato e/o essiccato.

Il Portogallo vanta un prestigioso passato di paese colonizzatore e lo stretto legame coloniale intessuto con il Brasile ne ha fatto uno dei primi stati europei ad esportare pepe, spezie e prodotti come patate, pomodori e frutta esotica (decidendo così il declino della Serenissima e la fine della sua egemonia nel Mediterraneo).
Se Paolo Querini, mercante veneziano, nel 1431 scoprì fortunosamente le isole Lofoten abitate dai vichinghi, guerrieri abituati ad essiccare i merluzzi pescati, furono i marinai baschi, spintisi fino ai pescosi Grand Banks (enormi riserve di merluzzo al largo di Terranova e del Labrador) a sottrarre ai popoli nordici il monopolio della pesca e, grazie alla tecnica della salagione, introdussero il baccalà in tutto il bacino del Mediterraneo. E la scoperta di una risorsa alimentare così importante fu causa di feroci conflitti fra Baschi, Tedeschi, Olandesi, Inglesi e Francesi quasi fino a metà del secolo scorso.


E’ pronto in tavola!
Ecco dall’antipasto al dolce una piccola guida del buongustaio da portare sempre con sé per non farsi trovare impreparati: Camarao Mozambique, gamberetti speziati serviti con una salsa all’aglio e spolverati di coriandolo fresco; Pasteis de bacalhau, bocconcini di baccalà impanato e fritto da accompagnare ad un buon bicchiere di vino rosso; Arroz de Marisco, un piatto che ricorda un risotto all’onda e la più sgranata paella spagnola; Sopa Caldo Verde, preparata con patate e cavoli e guarnita con pezzetti di carne e di salsiccia; Bachalau á Brás, con filetti di baccalà e chips fritte amalgamati con una salsa a base di uova e prezzemolo; Polvo à Lagareiro, polipo stufato in pentola e poi grigliato ed infine il Tochinho do ceu, una ricca crema preparata con uova, zucchero e mandorle.


Pastel de Nata e il case history di una dolcezza glo-cal
Il Pastel o Pasteis de Nata o de Belem, “dolcino al latte’, è un dessert che viene da lontano, da un antico ricettario portoghese risalente alla metà del XVI secolo. Si tratta di una tortina semplice nell’esecuzione ma davvero molto golosa che nel tempo, uscita dalle cucine dei monasteri, ha conquistato prima le vie e le piazze di Lisbona ed infine tutto il mondo. 

Infatti fino a poco tempo fa per degustare un autentico Pastel de Nata bisognava inserire nella lista della spesa anche un biglietto aereo e magari un b&b coperto di azulejos. Con buona pace dei monaci che lo cucinarono per la prima volta qualche secolo fa, lo scorso anno la famosa catena Lidl annunciò trionfante che nel Regno Unito ne erano stati venduti circa duemila all’ora, tanto da insidiare il successo delle doughnut, le più famose ciambelle fritte. Da sottolineare che nelle pasticcerie portoghesi si trovano ad un euro mentre in quelle più glamour della City non si trovano a meno di 3,50 sterline.
Gli economisti non ci dormono di notte ma pochi e semplici sembrano essere i motivi del successo ed i punti di forza del goloso pasticcino: Lisbona, nel corso degli ultimi anni, è diventata una delle mete preferite del turismo internazionale e gli affitti abbordabili sono decisamente attrattivi per i millennial che, smartphone alla mano, condividono con il web tutto ciò che mangiano. Come se non bastasse l’Antiga Confeteria de Belem, la pasticceria situata nel quartiere storico di Lisbona, fondata nel 1837 in un ex-convento decorato con azulejos, sembra fatta apposta per essere postata su Instagram.

Azulejos, meu amor
“Gli azulejos hanno definito l’identità del paese”, spiega Victor Serrão, professore di Storia dell’Arte all’Università di Lisbona. “Dal medioevo ad oggi, quella delle piastrelle è sempre stata la forma d’arte portoghese per eccellenza”.

Nel corso del tempo le azulejos, le caleidoscopiche piastrelle dipinte a mano che decorano le facciate degli edifici, sono diventate non solo il simbolo non ufficiale della città ma anche oggetto del desiderio di collezionisti di tutto il mondo che considerano Lisbona la loro Mecca. 
Per molto tempo, infatti, si è pensato che la predilezione dei portoghesi per le azulejos nascesse della lunga dominazione araba nella penisola iberica, ma nuovi studi suggeriscono che le prime piastrelle sulle chiese e altri monumenti siano state importate da Siviglia, nella vicina Spagna, verso la fine del Quattrocento.

Sta di fatto che nel corso degli ultimi anni i turisti, o pseudo tali, si sono macchiati di parecchi saccheggi di facciate di abitazioni per portarsi a casa un ricordo meno costoso di quelli offerti dagli antiquari. A parte il fatto che chiunque dovrebbe lasciare il luogo visitato come l’ha trovato, vi ricordo che la polizia di Lisbona ha istituito la Brigata Artistica, un reparto specializzato a contrastare questi furti, le cui conseguenze possono essere davvero gravi: fino ad otto anni di carcere.


Cosa metto in valigia?
Appunto, se proprio volete portarvi a casa un oggetto caratteristico che ne dite di una Cataplana? Si tratta di una pentola che come la tajine o lo stampo da terrina è simbolo di un paese e della sua cucina. Si tratta di un tegame formato da due semisfere di rame stagnato e che possono essere chiuse ermeticamente, permettendo così la cottura con un vapore aromatico: una sorte di nonna della pentola a pressione. All’interno della Cataplana  può essere cotto qualsiasi alimento, pesce, carne o verdure, ottenendo piatti colorati e gustosi ma soprattutto salubri e privi di grassi aggiunti. Potete cimentarvi anche nella preparazione di una confettura di prugne.


R - Baccalà con prugne e pistacchi
Ebbene si, se nel libro di ricette di Giovanni di Biasio, “baccalà!”, ho trovato una versione con il cioccolato, in quello di Rebeca Seal, “Lisboa”, sono stata ispirata da proposte più pragmatiche e, grazie alla mia  amata biblioteca, ho scoperto che il baccalà con le prugne ed uvetta è un tipico piatto della gastronomia umbra
In questa personale versione ho aggiunto un elegante fumetto di pesce, un aromatico bouquet garnì e una cromatica parte croccante. Da servire con qualche fetta di pane al mais, il tipico pane Broa o Broa de Milo.

Portata: secondo piatto
Dosi per 4 persone
Difficoltà: semplice
Preparazione: 20’
Cottura: 30’ circa

Ingredienti
800 g di baccalà ammollato o filetti di merluzzo
400 g di passata di pomodoro
100 ml di fumetto di pesce
100 ml di latte
100 g di prugne Sunsweet
30 g di pistacchi salati
2 scalogni
50 g di sedano, il gambo
100 ml di olio evo delicato
sale in fiocchi
pepe bianco di Sarawak
fumetto di pesce
un bouquet garnì (con gli aromi che preferite: io avevo basilico, fincchietto, dragoncello e timo)

Procedimento
Pulite il baccalà e ottenete dei filetti regolari, uno per commensale, e fatelo riposare nel latte tiepido, aromatizzato con una foglia di alloro e qualche bacca di pepe. 
Nel frattempo mondate e tritate sedano e scalogno.
Fate appassire il trito aromatico nell’olio, utilizzando una larga padella dal fondo pesante.
Unite la passata di pomodoro, il fumetto di pesce (o brodo vegetale) e continuate la cottura per 5’-6’, a fuoco dolce. Aggiungete il mazzetto aromatico.
Aggiungete i filetti di pesce alla salsa e continuate la cottura, sempre a fuoco dolce, per 10’, girandoli una volta. Regolare di sale.
Aggiungete le prugne e continuate la cottura per altri 10’.
Servite, spolverando di pepe e con i pistacchi salati tritati finemente, e con qualche fetta di pane al mais (pane Broa o Broa de Milo).

Bibliografia:
La dieta mediterranea. Come mangiare bene e stare bene di Ancel Keys - Slow Food Editore, 2017
Breviario mediterraneo di Predrag Matvejevic - Garzanti, 2006
Il manuale di Nonna Papera - Arnoldo Mondadori Editore, 1970
baccalà! di Giovanni de Biasio - Guido Tommasi Editore, 2006
Stoccafisso Baccalà, le ricette della tradizione del “Festival del Baccalà” - Terra Ferma, 2010
Lisbon, recipes from the heart of Portugal di Rebeca Seal - Hardie Grant Books, 2017
La Grande Cucina Veneziana di Giampiero Rorato - De Bastiani editore, 2003
L’Azzurro del Veneto nel piatto - Terra Ferma, 2010
Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi - Universale economica Feltrinelli, 2019
Lisbona di Fernando Pessoa - Giulio Einaudi Editore, 2016

Azulejos e laggioni. Atlante delle piastrelle in Liguria dal Medioevo al XVI secolo di Loredana Pessa e Paolo Ramagli, Sagep Editore, 2013

Baccalà al latte di capra con verzottino e riduzione di pera: Martino Scarpa dell’Osteria Ai Do Campanili si aggiudica la VII edizione del Trofeo Tagliapietra


Cosa c’è di più scontato che cominciare un articolo con frasi del tipo  “nel bellissimo contesto …” o “nella fantastica cornice..”? 
Eppure -  sarà la bellezza che, lasciando senza parole,  induce a commenti  stereotipati? -  è proprio quello che viene in mente per descrivere l’emozione e le sensazioni che, al netto dei contenuti della serata, di cui parlerò subito,  ho provato ieri sera partecipando alla cena di gala (e incontro o, meglio,  “scontro” finale, perché, si sa,  in guerra, in amore  e in .. in cucina …)  del Trofeo Tagliapietra 2016, a Battaglia Terme, nel – lasciatemelo dire -  bellissimo contesto  del Castello del Catajo, un gioiello incastonato nella fantastica cornice dei Colli Euganei. Provare per credere.

Ma veniamo alla serata, momento conclusivo, appunto, del Trofeo Tagliapietra 2016 -  Festival Triveneto del Baccalà, giunto quest’anno alla settima edizione

Un  evento  che, nelle fasi preliminari,  svoltesi dal 16 settembre al 5 dicembre,  ha visto sfidarsi nella preparazione di piatti creativi a  base di baccalà 37 ristoratori di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, di cui sei stellati: il Ristorante AGA (San Vito di Cadore - Belluno) della coppia Chef Oliver Piras e Alessandra del Favero; il Dopolavoro - Dining Room del JW Marriott Venice Resort & Spa degli Chef Giancarlo Perbellini e  Federico Belluco (Isola delle Rose,  Venezia); il Ristorante Met dell’Hotel Metropole, della storica famiglia di albergatori veneziana Beggiato, con lo Chef Luca Veritti (Venezia); il Lazzaro 1915 (Pontelongo, PD) dello Chef Piergiorgio Siviero; La Tana Gourme dello Chef Alessandro Dal Degat (Asiago) e La Locanda di Piero dello  Chef Renato Rizzardi (Montecchio Precalcino).  


Tra i loro piatti, tutti interessanti,  le  “giurie popolari” hanno individuato i sei finalisti, che ieri sera si sono contesti lo scettro (e il magnifico premio, costituito da un viaggio studio alle Isole Lofoten, in Norvegia):

Osteria ai Do Campanili (Treporti - Venezia), con Baccalà al latte di capra con verzottino e riduzione di pera, firmata dallo Chef Martino Scarpa,
Ristorante Da Aurelio (Belluno), Baccalà nell’habitat dolomitico, firmata dallo Chef Luigi Dariz,
Locanda di Piero (Montecchio Precalcino- Vi), I ravioli di stoccafisso, la zucca, caviale di lampone e polenta, firmata dallo Chef Renato Rizzardi,
La Posa Degli Agri (Padova), Tramezzino e spritz: tramezzino speziato con stoccafisso e cipolla caramellata, firmata dallo Chef Andrea Bozzato,
Il Fogolar – Là di Moret (Udine), Gelato di baccalà, le sue guancette in tempura di birra, crema d’aglio fermentato mayonese al wasabi, firmata dallo Chef Stefano Basello,
Zur Kaiserkron (Bolzano), Ravioli di Baccalà alla Cacciatora, Tartufo Nero, firmata dallo Chef Claudio Melis.

Tramezzino speziato con stoccafisso e cipolla caramellata di Andrea Bozzato 

Gelato di baccalà, le sue guancette in tempura di birra, crema d’aglio fermentato mayonese al wasabi di Stefano Basello


I ravioli di stoccafisso, la zucca, caviale di lampone e polenta di Renato Rizzardi


 Ravioli di Baccalà alla Cacciatora, Tartufo Nero di Claudio Melis


Vincitore e  "Re del Baccalà 2016" è risultato lo chef Martino Scarpa dell’Osteria ai Do Campanili (che, per inciso, ho conosciuto, con una certa sorpresa e notevole e non celata soddisfazione, quest’estate in occasione di una vacanza al Cavallino e consiglierei a tutti di visitare), nella foto qui sopra.
A decretarlo, una Giuria stellata, coordinata da Franco Favaretto, chef e patron del Baccalàdivino di Mestre (Venezia),  con:
Ettore Bonalberti - Ideatore e Presidente onorario del Festival Triveneto del Baccalà, Michele Cella, Chef della Biosteria Basilico 13 di Treviso, vincitore dell’edizione 2015, Fausto Arrighi - Tecnico della Ristorazione ex Direttore della Guida Michelin, Peter Brunel - Chef Lungarno Collection – Firenze, Antonio Chemello - Chef La Trattoria di Palmerino - Sandrigo (Vicenza), Nicola Portinari - Chef Ristorante La Peca - Lonigo (Vicenza) e Emanuele Scarello - Chef Agli Amici – Udine.

Il  piatto vincitore, firmato  da Martino Scarpa, Chef dell’Osteria ai Do Campanili:  Baccalà al latte di capra con verzottino e riduzione di pera. Indescrivibile nella sua bontà, creatività e, insieme, semplicità, salvo cedere, ancora una volta, alla tentazione di commenti estasiati, con il rischio di  ricadere nelle  banalità delle parole  di cui parlavo sopra.

Un’ultima nota, tanto per dire, e ribadire, che le cose fatte bene non si fanno da sole, ma richiedono impegno, lavoro, fatica, collaborazione e partecipazione di tanti se non di tutti: alla buona riuscita della manifestazione -  che è stata affiancata da “Baccalando”, un percorso ideato per i più giovani che prevedeva la proposta in chiave creativa e originale, da parte di sette locali alla moda del Veneto, di cichéti, stuzzichini o finger food a base di baccalà -   ha contribuito, oltre allo staff del Catajo, alla Tagliapietra e Figli Srl, una tra le più importanti aziende leader importatrici di baccalà e stoccafisso con sede a Mestre (Venezia) e  alla Strada del Vino Colli Euganei, tutta l’aristocrazia del baccalà: la Dogale Confraternita del Baccalà Mantecato, la Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina, la Patavina Confraternita del Baccalà e  la Vulnerabile Confraternita dello Stofiss dei Frati. “What else?” come direbbero i nostri amici inglesi.


 

Il risultato? e concludo: una serata regale. Non solo per l’incoronazione de "Re del Baccalà 2016", ma perché tutti i piatti in gara sono stati  davvero eccezionali, l’organizzazione inappuntabile  ed il contesto, beh, quello andatelo a visitare….. 
Un’esperienza unica, insomma, ma che sarà replicata l’anno prossimo e che certamente raccoglierà un ancor maggiore successo, previsione questa non poi così difficile, posto che è quello che avviene di anno in anno.



Alla prossima edizione!

"Anonimo Veneziano" ovvero storie di amore e di forza, di donne e di baccalà per l'Mtchallenge #60


La sfida #60 dell'Mtchallenge, lanciata dal Mai Esteve, verte sulla tapitudine ovvero il "piatto che meglio rappresenta lo stile di vita della Spagna tutta/ Cataluna sobra todos."
Nel suo post magistrale Mai ci spiega che si fa presto a dire "tapas" e ci porta per mano, e pazientemente, in un mondo gastronomico gaudente e complesso chiedendoci quindi di "tapeare" in ben tre modi. 
Ma chiede anche qualcosa di più ovvero di scrivere le emozioni e l'ispirazione per la preparazione del piatto, come accadde qualche mese fa a bordo di un peschereccio dopo una scorpacciata di Broeto.

Ecco quindi la mia proposta, ispirata proprio da Mai, incontrata qualche tempo fa a Milano, durante il Bake Off e dedicata a tutte quelle donne della cui forza interiore nel tempo mi sono nutrita ed innamorata.


Non ho mai potuto godere molto della Spagna, solo un paio di viaggi di lavoro, toccata e fuga a Madrid, giusto il tempo di scoprire la tecnologia del quarto terminal dell'aeroporto cittadino e la bellezza del museo del Prado
Ho cercato quindi nella memoria e nella mia biblioteca ed improvvisamente eccomi vestita di rosso e di nero, mentre lo specchio mi restituiva l'immagine di una pallida bimba di otto anni con addosso un bellissimo costume di carnevale da spagnola, una finissima mantilla in testa e un paio di fondi di bottiglia sul naso.

Conosco invece Barcellona, pur non essendoci mai stata, grazie a Pepe Carvalho, l'investigatore catalano nato in Galizia alla fine della Guerra Civile quando, nel 26 gennaio 1939, dopo anni e mesi di lotta il nemico entrò in città, travolgendo l'incredula e rassegnata Nadine, la cuoca di Buenaventura Durruti, che prima di fuggire esule e salva da una "missione di sangue e speranza" deciderà di salutare i rivoluzionari compagni rimasti "sporcandosi le mani di farina, di zucchero, di cannella e di amore".

Lo stesso amore di Charo (Rosario García López), amante di Pepe e prostituta di professione che lascia l'attività e Pepe, dopo anni vissuti in modo più o meno disincantato, accettando la normalità che un lavoro come centralinista le poteva offrire.

E mentre le emozioni si mettevano ai fornelli, in un inizio di ottobre insolitamente freddo e con la prima acqua alta a Venezia, ecco prendere forma "Anonimo Veneziano" in una città, Venezia appunto, femmina in primis e donna poi, come Nadine e come Charo, che hanno affrontato le tragedie della vita, accettando di traghettare il corpo verso lidi più placidi e con la consapevolezza che l'anima, in perenne subbuglio, non si placherà mai. Celata, anonima. Appunto.

E' quella forza che tutto crea e tutto travolge. E trasforma.
La stessa forza che ho "respirato" accanto a Mai mentre, silenziosa, vestita completamente di nero come un'ombra furtiva, con gli occhi accesi ad osservare tutto, scattava le foto alle Naked che i giudici stavano degustando a Sweety. Non ho sentito rumori, quasi, neppure quelli della macchina fotografica, tanto sono stata rapita dall'energia che ogni suo gesto esprimeva.
Non siamo riuscite a scambiare più di un fugace sorriso, ma da quell'increspare d'occhi ho sentito una forza incontenibile, femmina, diventata donna nel momento in cui il sorriso si aprì.
Ancora amore, ancora passione celata nella sua essenza.


Un trittico di baccalà per la sfida del mese di ottobre, quindi, un percorso emozionale, molto personale, che ha deciso di eleggere lo stoccafisso a protagonista in quanto nelle sue "Ricette Immorali" Manuel Vazquez Montalban (papà di Pepe) definisce il baccalà una mummia, un miracolo che mani sapienti e l'acqua riportano in vita, trasformandola, materia malleabile, come il marmo nelle mani di Michelangelo. 
Un ingrediente, una sequenza di piatti, adatto a tutti gli approdi della vita in quanto, sempre secondo Montalban, vivere non è necessario, ma navigare si.

"Anonimo Veneziano" ovvero Pincho di baccalà al profumo di cardamomo in insalata di fiori eduli, Montadito di baccalà mantecato in verticale di pepe, Tapa di insalata di baccalà in saor di aceto di miele al rosmarino, uvetta alla malvasia e pinoli di cedro, con la sequenza di assaggio riportata nella sequenza delle ricette e si tratta, in realtà, di un piatto da consumare da soli, in silenzio, in modo che l'intima esperienza di materia-linguaggio di una ricetta non si trasformi in una caotica "gita in torpedone".

Così da far propria la forza che è riuscita a trasformare una lista di ingredienti in un messaggio d'amore.


Pincho di baccalà al profumo di cardamomo in insalata di fiori eduli, Montadito di baccalà mantecato in verticale di pepe, Tapa di insalata di baccalà in saor di aceto di miele al rosmarino, uvetta alla malvasia e pinoli di cedro

Ingredienti e preparazione dello stoccafisso (base delle ricette)
Uno stoccafisso di circa 800 g, ammollato per almeno 3 giorni, cambiando l'acqua ogni 8 ore (il disciplinare prevede in realtà un filo d'acqua continuo per 5 giorni)
2 foglie di alloro
2 bacche di ginepro
2 chiodi di garofano
olio di semi di lino bio

In un sacchetto per sottovuoto inserire i 2/3 dello stoccafisso ammollato, privati della pelle e della lisca e cuocere, inserire le spezie, gli aromi e l'olio, sigillare e cuocere nel forno a vapore per 15' a 60°. Abbattere in positivo e far riposare tutta una notte.
Aprire il sacchetto ed asciugare: abbiamo la materia prima per il Pincho e per la Tapa.
La parte restante dello stoccafisso inseritela in una casseruola con 250 ml di latte intero e 750 ml, portate a bollore e cuocete per circa 25' e far raffreddare completamente nel liquido e questa è la materia prima del Montadito.  

Pincho di baccalà al profumo di cardamomo in insalata di fiori eduli
Ingredienti
250 g di stoccafisso
250 g di patata cotta a vapore
1 seme di cardamomo
sale in fiocchi
pane grattugiato
olio di semi di vinacciolo
germoglio di barbabietola
petali di rosa rossa eduli
petali di gerbera gialla eduli


Preparazione
Passare al tritacarne per due volte tutti gli ingredienti e formare con uno scovolino delle polpettine, passarle nel pane grattugiato e friggerle nell'olio di vinacciolo già caldo a 180°.
Far asciugare su carta assorbente e tenere al caldo.
Comporre un'insalata con i germogli ed i petali e condirla con un'emulsione ottenuta con un'arancia e pochi grammi di zenzero passati all'estrattore ed emulsionata con la stessa quantità di olio di semi di lino.
Infilzare tre polpettine con uno stecchino in bambù e servire con l'insalata utilizzando un vecchio bicchiere da champagne.


Montadito di baccalà mantecato in verticale di pepe
Per la challa (ricetta adattata di Emmanuel Hadjiandreou che pubblicherò fra qualche giorno)
Ingredienti
270 g di Petra 3
80 ml di acqua calda
30 g di zucchero 
30 ml di olio di semi di girasole bio
3 g di lievito di birra disidratato
1 uovo bio
2 tuorli bio
1/2 cucchiaio di sale fino
1 cucchiaio di semi di papavero
1/2 cucchiaino di sale fino

Preparazione
In una ciotola unire gli ingredienti secchi, farina, zucchero, sale.
In una ciotola sciogliere il lievito nell’acqua calda ed unire l’uovo con il tuorlo sbattuti.
Versare gli ingredienti secchi in quelli umidi, mescolare bene, unire l’olio, farlo assorbire bene, coprire con un panno e lascia riposare per 10.
Riprendere l’impasto, tirare verso l’esterno un pezzo di impasto, portarlo al centro e ripetere l’operazione per 8 volte ruotando la ciotola. Coprire, far riposare per 10’ e ripetere per altre due volte, osservando sempre il riposo di 10’.
Su otterrà una palla liscia e composta, coprirla con pellicola e lasciarla riposare per un’ora o fino al raddoppio.
Trascorso questo tempo trasferire l’impasto sulla spianatoia infarinata, sgonfiarlo, formare un salsicciotto e dividerlo in 3 o quattro pezzi, allungarli ed intrecciarli fra loro oppure dare al salsicciotto una forma di chiocciola e trasferirlo sulla teglia coperta da carta forno.
Spennellare il pane con il tuorlo sbattuto rimasto e spolverare di semi di papavero.
Coprire con pellicola e far riposare l’impasto per 40’ o fino al raddoppio.
Accendere il forno a 200° ed inserire nella parte più bassa una teglia, così da scaldarla.
Infornare la challa, versare una tazza di acqua fredda nella teglia: il vapore che si otterrà renderà croccante la superficie del pane.
Cuocere per 20’ o fino alla doratura della superficie.

Sfornare e far raffreddare sopra una gratella prima di tagliare la Challa a fette e ottenerne con un compassata di 3-4 cm di diametro delle tartellette da tostare in padella calda.

Per il baccalà mantecato
Ingredienti
250 g di stoccafisso ammollato
1 grano di pepe nero di Sarawak
2 grani di pepe bianco di Sarawak
semi interni di una bacca di pepe di Selim
Sale in fiocchi di Mothia
300 ml di olio di semi di vinacciolo

Preparazione
Scolare lo stoccafisso dal liquido di cottura e trasferirlo nella planetaria con la frusta a foglia, unire la polvere di pepe ottenuta pestando al mortaio le diverse varietà, un pizzico di sale di fiocchi di sale e montare con una velocità media aggiungendo a filo 300 ml di olio di semi di vinacciolo e il liquido filtrato di cottura, alternando gli ingredienti fino all'assorbimento di tutto l'olio così da ottenere una crema morbida ma compatta.

Con un porzionatore da gelato distribuire il baccalà mantecato sulla tartelletta di pane e servire in un vecchio bicchiere da champagne.


Tapa di insalata di baccalà in saor di aceto di miele al rosmarino, uvetta alla Malvasia e pinoli di cedro
Ingredienti
1 cucchiaio di uvetta ammollata a lungo in due cucchiai di Malvasia dolce (io Colli Piacentini)
Tostare 1 cucchiaio di pinoli di cedro in una lionese molto calda.
3 cucchiai di aceto di miele al rosmarino (mielithun.it)
3 cucchiai di Malvasia dolce
sale in fiocchi

Preparazione
Spezzettare con le mani lo stoccafisso cotto a bassa temperatura rimasto e sfumarlo velocemente nella lionese dove avete tostato i pinoli, sfumando con aceto di miele e con il vino. Regolare di sale.
Servire con l'uvetta ammorbidita ma non bagnata ed i pinoli profumando con una macinata di pepe bianco di Selim utilizzando un vecchio bicchiere da champagne.