Sono alle prese con il secondo libro di Monsignor Giovan Battista Barpo, "Le Delitie et i Frutti dell’agricoltura e della villa", un bel tomo del ‘600.
Quando Pina la Gallina vuole farmi sentire insignificante ci riesce benissimo. "Ehm, di grazia, cosa di questa lettura così erudita ha colto la sua attenzione?"
Non sforzarti a fare la pirla che hai un’inclinazione naturale e ti riesce benissimo - risponde Pina al culmine di un suo attacco di gentilezza. Mi ha colpito l’attenzione con cui si curava la corte, grande risorsa economica e gestita quasi esclusivamente dalla componente femminile della famiglia contadina (e anche fonte di reddito per la costituzione della dote), che si armonizzava perfettamente con l’orto e il “brolo”, sempre presenti anche nelle case patrizie.
"Quindi - continuo - niente allevamenti intensivi con gli animali prigionieri in gabbie impilate una sull’altra, con la luce accesa h24, senza toccare mai l’erba, senza osservare mai un’alba o un tramonto, presumo."
Già - riflette Pina - una volta avevano il senso della pietà e del rispetto. Magari non per gli esseri umani ma, da come stanno andando ultimamamente le cose, ho più paura di un uomo che di un leone.
"Non per sembrarti cinica, ma per la Sfida 51 io dovrei disossare un tuo parente…"
E cosa vuol dire? E’ nelle cose. Tu lo hai allevato con rispetto e lui ritorna a te con un contorno. - ribatte Pina senza alzare lo sguardo da un secondo e ugualmente prezioso libro presente sulla sua scrivania.
"Ora la cinica sei tu.", chioso imbarazzata.
Ma no, va così da migliaia d’anni. Fra cinquant’anni, quando capiremo che tutto questo bailamme chiamato modello di sviluppo è insostenibile ci nutriremo solo di alghe ed insetti. Perché lo sai anche tu vero che non ci saranno né terreni né acqua né energia per nutrire tutto il pianeta con cereali e legumi! Ma questa è un’altra storia e oggi non ho voglia di brontolare. Hai visto che bello questo libro? - conclude Pina.
"Cos’è?" - domando incuriosita.
E’ “L’Opera Nova chiamata Epulario” di Giovanni De Rosselli, pubblicata (ovviamente) a Venezia nel 1517. In realtà Giovannino riprese gli scritti di Maestro Martino da Como. E’ un interessante trattato che insegna “il modo de cucinare ogni carne, vcelli, pesci, de ogni sorte. Et fare sapori, torte, pastelli, al modo de tutte le prouincie: et molte altre gentilezze.” Sono presenti delle tavole molto dettagliate e naturalmente ricche di indicazioni circa l’anatomia di tutti gli animali e le tecniche del disosso. E qui si entra nel vivo dell’Mtchallenge di questo mese e con Madonna Patrizia che ti ha dato una bella gatta da pelare!
"Già - rifletto pensierosa - ci ho messo un paio di settimane a centrare la ricetta, non è stato facile. Ma volevo rimanere nel Veneto e se ti siedi comoda ti racconto come è andata.
Certo! - risponde Pina chiudendo i libri e mettendosi comoda - sistemo il portacoda, che voi umani vi ostinate a chiamare boccone del prete, e sono tutta orecchi.
E comincio a raccontarle il mio piatto.
Devi sapere che un posto importante nell’economia di una famiglia veniva occupato dalla colombaia, curata anche per abbellire la corte e il brolo. Nel libro che stavi leggendo, infatti, c’è un intero capitolo dedicato appunto ai colombi e il Barpo consigliava che “Per inviar la tua Colombara la prima volta, sciegli dieci, ò dodeci para di bei Colombi Torresani di color nero più che si può, grossi, nati la prima vera, dagli à ma[n]giare, e bere col corneto, fin che s’avvezzano da loro, pigliali da Villa lontana, perchè fatti grandi riconosceranno i loro padri e madri se saranno di quei contorni, e se ne ritorneranno à loro antichi nidi, poi cavale le pen[n]e maestre, lasciali in libertà nella Colombara con del mangiar, e del berre mutandoglilo ogni giorno, in questo mentre torneranno à metter fuori le penne maestre, sì che arrivando à buchi ò fenestrone della Colombara s’assuefaranno un poco alla volta, à veder questo bel Mondo, e saltando dal buco al tetto, e di pallo in frasca faranno prattica del luogo”.
I Torresani sono i colombi che nidificavano sotto le torri merlate, noti a Torreglia, piccolo borgo ai piedi dei Colli Euganei e protagonisti di una singolar tenzone con i cugini di Breganze, del vicentino, e leccornia destinata soprattutto alle tavole dei nobili. I contadini che curavano la colombaia di solito la posizionavano sopra la porcilaia, sempre vicino alla casa, ma non facilmente raggiungibile da gatti e faine e il colombo veniva cotto soprattutto allo spiedo, con o senza ripieno.
E come lo si farcia un colombo nobile? Ma con ingredienti esclusivi, naturalmente.
Come l’agnello di Alpago, presidio Slow Food della comunità Bellunese e il formaggio Morlacco, un prodotto antichissimo, frutto dell’abilità casearia di un popolo che dalla Morlacchia, l’attuale Dalmazia, emigrò nella pedemontana bellunese. Anch’esso è un presidio Slow Food particolarmente prezioso in quanto il latte utilizzato è esclusivamente quello della Vacca Burlina, che sta scomparendo dai nostri alpeggi e tutelata anch’essa dal progetto Arca del Gusto.
Il termine Morlacco compare per ben due volte in questa ricetta. Non solo il formaggio dunque, per la parte sapida, ma anche il “Sangue Morlacco” di Luxardo, un’azienda storica del padovano, che iniziò a produrre questo cherry di ciliegie marasche fin dal 1840. Nel 1917, dopo l’epica azione aerea di Fiume, Gabriele D’Annunzio, un copywriter ante litteram (fu lui infatti l’autore di nomi come Magazzini Rinascente, amaro Unicum, biscotti Saiwa), battezzò questo liquore con il nome di Sangue Morlacco, ispirandosi al sangue di questa fiera ed indomita popolazione. Ancor oggi nell’etichetta è riportato il suo autografo.
Si tratta di uno cherry brandy dal sapore unico, da una forte personalità, che ho scelto per ben bilanciare il gusto delicato della farcia. Ovviamente nel ripieno non potevano mancare le marasche dalle quali nasce e la nota severa, appena un po’ acida, ma delicatamente profumata, è data dal cioccolato fondente. Ho scelto quindi un Amedei Tuscany al 70%, prodotto con zucchero di canna e vaniglia. Nella grammatica degli ingredienti, infatti, il cioccolato si sposa divinamente sia con le ciliegie che con l’agnello. E questa è la lista degli ingredienti.
Ora affrontiamo la preparazione.
La conditio sine qua non era il disosso e la cucitura.
Ho disossato il piccione togliendo tutta la parte ossea del torace che, unitamente al collo, alle zampe e agli aromi ho utilizzato come base per il fondo bruno che poi mi è servito per preparare il gravy, aromatizzato con lo cherry.
Ne ho disossati quattro: uno l’ho ricucito, bardato con lardo alle erbe, legato e cotto in forno con gli aromi mentre gli altri tre li ho “cuciti” con un enzima, la transglutaminasi, che consente agli ingredienti a base proteica animale di unirsi e saldarsi. Ho dato forma cilindrica al ripieno, l’ho avvolto con il piccione completamente disossato (privato quindi anche delle zampe), ho avvolto strettamene con carta fata, una sorta di carta forno trasparente che resiste alle basse e alte temperature (e che amo in quanto molto più maneggevole e performante della carta forno bagnata), dando forma di caramella e ho cotto tutto in forno.
Resta inteso che puoi preparare tutti i piccioni con il metodo tradizionale oppure con quello da me proposto.
Per i contorni ho giocato con i sapori, ma da non stravolgere l'armonia finale, preparando degli sformatini di polenta di Storo, così da riprendere una certa rusticità che comunque il piccione ricorda, delle pere cotte in un Cabernet Ca’ Lustra, particolarmente profumato ed appena speziato, e degli scalogni caramellati.
E questo è quanto!
E questo è quanto!
P.S.: le foto non sono proprio il massimo in quanto il piatto è stato preparato nella cucina dell'hotel Bristol Buja, visto che la mia è ancora inagibile. A differenza della sfida precedente la strumentazione utilizzata è la stessa che ho a casa. Il mese scorso troppo forte è stata la tentazione della sfogliatrice e del supporto che il pasticcere Enrico avrebbe potuto darmi e quindi ho preferito soprassedere. Ma appena avrò la possibilità di stendere la sfoglia con un matterello la Sfida 50 non mi sfuggirà.
"Boero" ovvero il Torresano ripieno di agnello con marasche e cioccolato fondente, pere al vino, scalogni caramellati, sformatini di polenta di Storo e gravy al Sangue Morlacco
Ingredienti per 4 piccioni
4 piccioni di circa 550-650 g ciascuno (con questa dimensione è possibile ottenere tre porzioni)
sale bilanciato (600 g sale, 350 g zucchero, 50 g di erbe aromatiche secche secondo il vostro gusto, frullato e conservato in un vaso di vetro)
Pepe cubebe
40 g di transglutaminasi (Zimolo, nome registrato)
ago e filo in cotone da cucina
sedano, carota, cipolla, bouquet garnì
Per il ripieno (per i quattro piccioni)
500 g di agnello (spalla o coscia, a gusto)
50 g di panna fresca
50 g di pan carrè
80 g di morlacco semistagionato
60 g di marasche
60 g di cioccolato fondente
20 g di sciroppo di governo delle marasche
8 fette tagliate sottili di lardo alle erbe
sale bilanciato
pepe Cubebe
Per il gravy al Sangue Morlacco
le carcasse dei piccioni
sedano, carota, cipolla
1 foglia di alloro fresca
1 bacca di ginepro
qualche grano di pepe nero Cubebe
olio evo da olive taggiasche
sale bilanciato
100 ml di Sangue Morlacco
un po’ di farina setacciata
Per i contorni (per 4 persone)
600 g di scalogni
20 g di burro
20 ml di olio evo
50 ml bicchiere di aceto di mele
20 g di zucchero di canna
sale bilanciato
pepe Cubebe
200 g di polenta di Storo
acqua
sale in fiocchi
4 pere Kaiser
250 g di zucchero
500 ml di Cabernet
1/2 stecca di cannella
1 chiodo di garofano
1 bacca di ginepro
1 pizzico di sale bilanciato
Preparazione
Eliminare dai piccioni le teste, le zampe e le ali, eviscerarli, fiammeggiare la pelle per eliminare le penne più coriacee (qui il procedimento indicato da Patrizia)
Posizionare i busti dinnanzi a voi ed eliminare la forcella: verrà via senza fatica.
Appoggiare ora il petto del piccione sul tagliere, con un coltello da disosso incidere la carne dalla testa alla coda e con la punta del coltello lavorare in modo da eliminare la parte toracica che eliminerete intera.
Arriverete alle cosce che potrete lussare, senza fatica per continuare l’operazione di disosso.
Ci vuole un po’ di concentrazione per evitare di bucare la pelle ma non è difficile.
Ripetere con gli altri piccioni e ad uno solo di questi eviterete di eliminare anche le ossa delle zampe.
Appoggiare un foglio di pellicola sopra i piccioni aperti e battere con un batticarne, spolverarli con sale bilanciato, arrotolarli e mettere in frigo.
Procedere con il ripieno
Bagnare nella panna il pancarre e macinarlo unitamente all’agnello ed al morlacco per due volte.
Tritare grossolanamente le ciliegie ed a scaglie sottili il cioccolato fondente.
In una ciotola unire tutti gli ingredienti, un cucchiaio del liquido di governo delle ciliege, mescolare bene, assaggiare e regolare di sale di Maldon (attenti che il morlacco è sapido) e profumare con pepe cubebe.
Pesare e dividere la farcia in 4 parti: una da 200 g e le rimanenti da 120 g circa.
In una ciotola sciogliere lo zimolo in polvere con un po’ di acqua, sbattendo con una frusta, fino ad ottenere un composto schiumoso. Spennellare la parte interna dei piccioni disossati completamente.
Dare una forma di cilindro alle parti di farcia più piccole tanto grande quanto il piccione, posizionarlo al centro, avvolgere la farcia con il piccione e il tutto strettamente con la carta fata, dando forma di caramella.
Far riposare in frigo per qualche ora o tutta la notte.
Cuocere nel forno statico già caldo a 170° per 40’ oppure utilizzando una sonda per arrivare a 70° al cuore. Abbattere e mettere da parte.
Prendete il piccione con le zampe, posizionare la farcia al centro, cucire con ago e filo, avvolgere con le fette di lardo, legare con spago da cucina, avvolgere tutto con carta fata e lasciar riposare in frigo qualche ora o tutta la notte.
In una teglia distribuire gli aromi (sedano, carota e cipolla) tagliati o tocchettoni, il bouquet garni, olio evo e un po’ di pepe, posizionare al centro il piccione privato della carta fata e cuocere nel forno statico già caldo a 170° per circa 55’-60’ o con la sonda a 70° al cuore. Coprire, abbattere e mettere da parte.
Procedere con i contorni
Nel frattempo mondare gli scaloni e metterli in un sacchetto da sottovuoto che regga la cottura con un pizzico di sale bilanciato, qualche foglia di timo fresco, 1 bacca di ginepro, chiudere con il sottovuoto e cuocerli a 92° per 25’.
In una padella sciogliere il burro con l’olio evo, unire e sciogliere lo zucchero di canna, unire e spadellare gli scalogni tolti dalla busta, sfumare con l’aceto di mele. Mettere da parte.
Preparare una polentina classica con la farina di Storo e acqua salata, cuocere per circa 40’, trasferire la polenta in stampini da babà metallici oliati all’interno o in silicone, abbattere. Si rigenerano al microonde al momento dell’impiattamento.
Sbucciare, dividere a metà, detorsolare e tagliare a ventaglio le pere.
In una casseruola sciogliere lo zucchero con il vino, unire le pere, riprendere il bollore e togliere dal fuoco lasciando che le pere si raffreddino nello sciroppo di vino.
Procedere con il gravy
Tagliare le ossa delle carcasse, ridurre in pezzi collo, zampe e ali.
Tostare le ossa in una casseruola con un filo di olio evo (oppure è possibile tostare a secco) e passare in forno a 180°per circa mezz’ora.
Recuperare la parte grassa ottenuta, unirla in una casseruola con gli aromi tagliati a tocchettoni, spolverare con un un paio di cucchiai di farina, far tostare nel forno caldo per 15’(così da togliere alla farina il gusto di farina che rovinerebbe la salsa).
Trasferire la casseruola sul fuoco, unire il bouquet garni, sfumare con il sangue morlacco, unire un po’ di brodo di carne e far sobbollire per 30’ o fino alla densità desiderata.
Impiattare.
Tagliare a fette il piccione e servirlo con i contorni e con la salsa.
"Pina, come ti sembra?" esclamo piena di orgoglio mostrandole il piatto.
Sai, com'è - risponde diplomatica - non ti offendere ma mangiare i parenti farebbe di me una cannibale, anche se per certi parenti non basterebbe un girone dantesco specifico. Ti spiace se io vado solo di pere e cabernet?
Sono senza parole perché non ne trovo di degne per elogiare il capolavoro che hai fatto!
RispondiEliminaScelta degli ingredienti motivata e sapiente, di grande classe ma che te lo dico a fare???
WOW!!!
Ciao Cristina. So quanta attenzione e quanta cura poni nella scelta degli ingredienti per i tuoi piatti. Grazie davvero!
Eliminadi solito x il poco tempo che ho per leggere le ricette, difficilmente mi soffermo a leggere post che parlano di storia ecc. ma ora, leggendo il tuo, interessantissimo, capisco che sbaglio di brutto. mi hai catturata con il tuo racconto, con la descrizione e la storia di ogni singolo ingrediente che hai usato. ovviamente uno studio così approfondito di abbinamenti lo può fare solo chi ha la fortuna di conoscere o lavorare con materie prime eccellenti e questo non è il mio caso, ma è bello ogni tanto vedere qualche alieno in giro.
RispondiEliminaCiao Chiara. Si, hai ragione, lavorare con gli ingredienti è un privilegio unico ed ascoltare le storie che questi hanno da raccontare ogni volta è un piacere. Grazie per l'alieno ;)
EliminaSei sempre un esempio da seguire e da tenere sempre presente! Sei un pozzo infinito di sapere e conoscenza e il fatto di condividerlo con noi, ci arricchisce tutti! Bellissima ricetta, Anna Maria, e se posso...nell'ultimo periodo, sei in un crescendo pazzesco! Chapeau amica mia
RispondiEliminaAurelia
Aurelia, ma lo sai che ai ragazzi dell'alberghiero per far capire loro che devono alzare lo sguardo dallo schermo dello smartphone li stordisco con le spezie del panpepato, che mi hai regalato tu, e con quelle che vengono da Singapore, che invece mi ha regalato Alessandra? Io mi limito ad elaborare gli imput ricevuti ;)
EliminaChe devo dirti??? Aspettavo questa ricetta dopo aver visto la foto ....ma non so che dirti...sono stupefatta sia dall'esecuzione, dal procedimento, dagli ingredienti del tuo piatto tanto quanto dal post di introduzione...e non so trovar le giuste parole per esprimerti la mia ammirazione, ma il problema ogni volta che passo di qua .... è sempre lo stesso... cavoli Anna Maria..... ho una sensazione questa volta..... e ne sarei felice... per continuare con la Scuola di cucina...tu sei una nostra colonna in MTC...mi se che qua doppi la vittoria ;)
RispondiEliminaCavoli Flavia, guarda che poi mi emoziono e brucio anche il caffé! Confesso, è vero, che sono appassionata e visionaria ma se non ci fosse la community ad ispirare sarei un alieno atterrata nel pianeta sbagliato (che poi mi tocca piantar patate :)
EliminaInnanzitutto sappi che su "E cosa vuol dire? E’ nelle cose. Tu lo hai allevato con rispetto e lui ritorna a te con un contorno" mi è partita la ola. Sarà che io e Pina la Gallina ci siamo conosciute, ma siamo ben ben in sintonia!
RispondiEliminaIl resto è un capolavoro.. dal torresano (che ho scoperto solo qui cosa fosse), al formaggio morlocco e al sangue morlocco (sconosciuto anche quello), le marasche, il cioccolato, la polenta, le pere... mamma mia!
Ma soprattutto mi ha lasciato sbalordita la perfezione assoluta delle tue fette di torresano ripieno.. sembrano dipinte da quanto son belle!
E' vero! Tu hai dormito con A-gata e conosciuto Pina e quindi sai come entrambe sono severe. La prossima volta che ci vedremo ti offriró il Sangue Morlacco e anche il Morlacco formaggio e ti sveleró il segreto delle fette perfette: un coltello affilato a rasoio! E qui la Salvelox ringrazia ;)
EliminaChe poi era morlacco, chissà perché mi è uscito morlocco
RispondiEliminaIl piccione è uno dei miei volatili preferiti, fosse solo perché mi riporta alla mia infanzia in Sicilia, dove nella terrazza della casa colonica - che adesso non c'è più - mia nonna li allevava.
RispondiEliminaDi questa ricetta mi ha incantata tutto, ma proprio tutto: l'amore per la tua terra che ha dato la spinta per trovare ingredienti locali pregiati, gli accostamenti di sapore, la tecnica inarrivabile (ora voglio sapere tutto sulla transglutaminasi!!!) e il risultato finale.
Una meraviglia incredibile davanti a cui mi inchino!!!
Grazie di cuore Mapi. Ascoltavo prima alla radio che nell'export alimentare gli spagnoli ci surclassano nell'olio, i tedeschi nei salumi e formaggi, i francesi nel vino. E siamo il paese con più dop igp docg docu ma non sappiamo valorizzare i nostri tesori e credo che la Community possa diventare davvero un Ambasciatore della bontà, del territorio e dell storia!
EliminaIo sono esterefatta perché conoscevo solo i termini, piccione, scalogno, cherry, polenta.
RispondiEliminaTermini che scopro assolutamente generici, trovando qui numerose specificazioni che li individuano in maniera molto puntuale.
Mi sono fatta una cultura, non solo culinaria. Grande piatto e se tu vincessi sarebbe proprio bello partecipare alla tua proposta
Grazie Giulietta! Gli ingredienti, i prodotti hanno tanti di quegli aggettivi qualificativi da stupirmi ogni volta e fanno venir voglia di approfondire e condividere.
EliminaQuesta non è solo una ricetta, è poesia, è cultura, è alta scuola di cucina, è amore per il territorio, è storia, è profonda conoscenza degli ingredienti, è saggezza. Davanti a tanta bravura e sapienza non posso che inchinarmi! Come ho scritto nel gruppo, tu non sei di questo pianeta!
RispondiEliminaSusanna, mi fai arrossire anche tu! Anche mia mamma, fin da piccola, mi guardava sconsolata affermando "Tu hai un dio per conto tuo" fino al "Per me ti hanno scambiata in clinica". Forse e' vero allora che vengo da un altro pianeta :)
EliminaBeata te che hai una scrittura fluente e gli aggettivi qualificativi ti escono dalla penna copiosi e differenti! Certo, se il cuoco è ciò che cucina, mi faccio delle domande...tu invece non fartene che i tuoi piatti parlano da soli...Anna Maria sei davvero eccezionale (ma non bruciarti la vittoria perché manca la foto del taglio sulla schiena, mi raccomando;-)
RispondiEliminaGrazie Cecilia, in fin dei conti il mio è un racconto di quanto ingredienti e caccavellemi confidano. Circa la foto mancante, hai ragione. Purtroppo alcune foto, causa batteria, inserite in quella scheda sono risultate irreparabilmente rovinate: se n'e' salvata solo una di quelle della cassa toracica, della forcella, della cucitura e della bardatura. Ma io punto a partecipare :)
RispondiEliminaOra tu dimmi come io possa riuscire a commentare questa ricetta dopo un post che è forse ancora più magnifico della ricetta stessa. Sto seguendo piano piano l'ordine dei post e sono capitata nel tuo senza aspettarmelo....Torresano, che mai sarà? E poi Boero, un nome che sa di storia, di battaglie al sole africano e colori accesi, ma anche di cioccolatini che amavo scartare con la speranza di vincerne il doppio. Mi sono persa nel tuo racconto, nel dialogo con Pina (mannaggia, me la presenti?), vedendo scorrere immagini come in un film spettacolare. Non so davvero trovare le parole perché ogni volta di fronte a te, la mia sensazione è di trovarmi una donna con mille talenti, uno più incredibile e potente dell'altro e mi verrebbe da dirti: fermati e scrivi perché chi non ti conosce ti ha perso. Ma poi leggo la ricetta per mi si ferma il cuore per la poesia che ogni ingrediente fuso all'altro è in grado di creare. Allora vorrei dirti: fermati e cucina. E lo fai già, grazie al cielo.
RispondiEliminaIl mio giudizio su un lavoro del genere è assolutamente inadeguato. Riesco solo a pensare che grazie a persone come te, questa gara è unica unica al mondo. Unica e inarrivabile.
Quando sono fortunata ad averti per amica? Lo so solo io!
Pat
Quasi tutti i giorni mi siedo a tavolino, oppure a terra in mezzo a pentole libri appunti matite, mi concentro sul soggetto della ricetta e scrivo. Ma è lavoro. Con l'Mtc invece, dopo aver letto il post più volte perchè tanto sbaglio sempre qualcosa, esco. In auto, a piedi, in bici, in treno. Sull'argine del Brenta, al mercato, in una Chiesa. Ed attendo qualcuno ovvero il "colui" che cucinerà la ricetta. Dimmi Patrizia, dove avrei avuto la possibilità di incontrare tutti i personaggi che hanno cucinato con me? Questa ricetta, in realtà, l'avete cucinata tu e Pina ed io non posso che ringraziarti!
EliminaSono così emozionata che ho scritto da cani. Ma hai capito no? :D
RispondiEliminacito la patti: "riesco solo a pensare che grazie a persone come te, questa gara è unica unica al mondo. Unica e inarrivabile". E di mio, ci aggiungo un grazie, che è fatto di sei lettere, incise nel mio cuore, là dove batte vicino al tuo nome
RispondiEliminaÈ come la mezza mela Alessandra. Ho vagato a lungo prima di trovarla. E ora mon ti mollo più ;)
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