Se l'uomo è ciò che mangia, il cuoco è ciò che cucina?

GENTE DEL FUD E DISSAPORE IN VIDEO

GENTE DEL FUD E DISSAPORE IN VIDEO
20foodblogger, 20prodotti, una passione: Pomodorino di Torre Guaceto o Cipolla di Acquaviva? ;)

la cucina di qb è anche app

la cucina di qb è anche app
per telefoni Nokia

La Cucina Italiana

La Cucina Italiana
Special Ambassador

Lettori fissi

Crostata di crema al limone e rosmarino. E un breve viaggio a Rialto


I Fruttaroli a Venezia erano una vera e propria potenza.
La loro Corporazione prevedeva tre specializzazioni: fruttaroli, erbaioli e naranzeri, ovvero negozianti esperti nella sola vendita di agrumi, la cui attività era severamente regolamentata dalle Corporazioni, che avevano a cuore anche la tutela del consumatore.

E la licenza ce l’ho (e anche la mutua)

L'iscrizione all'Arte - la licenza - avveniva osservando la Mariegola, ovvero lo statuto, garantito dai Cinque Savi alle Mariegole: questo Consiglio imponeva norme e delibere come per esempio la distanza tra le botteghe ed altri adempimenti. Una delibera molto importante, risalente al 1173, puniva i fruttaroli che vendevano merce deteriorata o baravano sul peso e addirittura, nel 1347, si vietò ai fruttivendoli di "fare compagnia insieme" ovvero fare cartello per poter vendere i prodotti più cari. Un esempio di tutela dei consumatori ante litteram.

Una commissione, detta dei Tre Savi, attribuiva ad ogni trasgressione alle leggi un punto: raggiunti i tre punti il fruttivendolo colpevole perdeva il diritto di esercitare la sua professione per un triennio. 
A Santa Maria Formosa c'era un ospizio con 19 stanze ed un oratario che apparteneva all'Arte, come la Scuola, situata in Fondamenta San Gioachino, così da accogliere gli appartenenti alla categoria che, nonostante una vita di duro lavoro, non erano stati in grado di assicurarsi una vecchiaia serena.

Mirabile meraviglia

"Quivi par a Rialto un horto, tante herbe
dalli lochi vicini portate vi viene; et tanti
varij frutti et bon mercado, che è cossa
mirabile." 
(Marin SANUDO il Giovane, De origine, situ et magistratibus urbis Venetae - 1483) 

Le botteghe dei fruttaioli erano situate nei mercati più belli del mondo, Rialto e San Marco, ed erano caratterizzate da vere e proprie casette, costruite in legno, provviste di piccola tettoia. E chi aveva un orto e si dilettava nella produzione anche di "herbe", gli aromi di cui la cucina veneziana era ricca, poteva richiedere l'affitto delle casette per provvedere direttamente alla vendita.

Arance e limoni, già molto amati dai Romani (se ne ha testimonianza della loro presenza nei pranzi patrizi fino dal II secolo d.C. ) erano importati da Israele. I proprietari dei grandi latifondi dell'Africa settentrionale decisero di aumentare i loro guadagni piantando degli agrumeti ben acclimatati, di cui rimangono ancora, nei dintorni di Tunisi, sulla strada per Cartagine, sistemi di canalizzazione in coccio, che funzionano da circa duemila anni e forniscono copiosamente un'acqua salmastra agli alberi avidi. 
Sant'Agostino, nato in questo paese, attaccò le raffinatezze vegetariane dei manichei (ma lui soffriva della sindrome di Brontolo), che facevano ampie scorpacciate di succo d'agrumi invece di rovinarsi l'ugola con il denso vino d'Algeria. Poi, nonostante i barbari avessero creduto di essere riusciti a distruggere le ultime piantagioni di arance romane della decadenza, ne rimasero a sufficienza in Sicilia e in Calabria, porti visitati dai mercanti veneziani. 


Assortisco l’assortimento

In laguna si consumavano prevalentemente ciliegie, uva, uva spina, nespole, pere, mele, fichi, meloni e angurie e in un antico "report", risalente al 1365, viene riportato il consumo delle arance che potevano essere vendute all'ingrosso e al minuto dai marinai stessi della nave sulla quale erano giunte a Venezia e nel tempo i depositi di agrumi, che vedevano il stoccaggio di arance, mandarini, melarance, limoni, cedri, bergamotto (fondamentale per la farmacopea dell'epoca) e melograni furono spostati in magazzini dedicati, situati sotto il Palazzo dei Camerlenghi a Rialto.
Le arance, unitamente a cesti di ciliegie, mele e castagne erano un dono prezioso per il Doge, assieme alla frutta secca, preziosissima, come i pistacchi, che venivano coltivati in un orto-giardino a San Giobbe.


La ricetta di oggi? Intanto lavatevi le mani 

In tempi di quarantena (della quale vi racconterò molto presto in quanto trattasi di pratica inventata dai veneziani che di manutenzione della peste ne sapevano qualcosina) il tempo non manca di certo e dopo tanti gastro-video, ehm imbarazzanti, vorrei condividere un paio di ricette aka tecnica, così che possiate replicarle, modificandole, all’infinito. Non trovate che sia molto più divertente destreggiarsi con la canna da pesca invece di trovarsi il pesce già pescato?

Quindi, frolla cotta in bianco e crema al limone profumata con il rosmarino (anche i fiori, perché no) che nella grammatica dei sapori formano delle frasi perfette.

R - CROSTATA DI FROLLA CON CREMA AL LIMONE E ROSMARINO

Portata: dessert
Dosi per 6/8 persone
Difficoltà: media
Preparazione: 40’ più il riposo
Cottura: 45’ (in tempi diversi)

Ingredienti e procedimento per la frolla (tortiera 22 cm di diametro)
1,5 g di sale
100 g di burro freddo cubettato
1 uovo bio
acqua fredda qb

Setaccia la farina, unisci il sale e trasferisci tutto nel mixer con il burro cubettato, “sabbiando” il composto: unisci l’uovo sbattuto un po’ alla volta. Eventualmente aggiungi qualche cucchiaino di acqua fredda.
Lavora il composto brevemente così da ottenere una base sferica, avvolgi nella pellicola e fai riposare in frigo per 30’.
Stendi l’impasto con un mattarello, ruotandolo più volte, e ottieni uno spessore di 3-5 mm, spolvera con un velo (velo!) di farina e ricopri la tortiera. Bucherella la base e fai riposare in frigo per altri 30’.
Copri la frolla con carta forno, distribuisci legumi secchi o, meglio, le perle in ceramica e cuoci nel forno statico già caldo a 190° per 20’.
Sforna, elimina perle e carta, continua la cottura per altri 5-6’ , sforna, elimina la pasta in eccesso (quella che sborda dallo stampo e decora la superficie, anche solo con i rebbi di una forchetta) e spennella con dell’uovo sbattuto, rimettendo in forno per altri 5’ (una dritta per ripieni umidi). 
Con una parte della pasta avanzata decora la superficie (più anche farne a meno: la pasta frolla si conserva nel congelatore per tre mesi).
Sforna e porta il forno a 140°.

Ingredienti e procedimento per la crema
2 uova
2 tuorli
2 limoni, succo e zeste
2 rametti di rosmarino
125 g di zucchero
125 ml di panna

Scalda la panna, senza farla bollire, con il rosmarino e lascia riposare tutta la notte (meglio, altrimenti almeno un paio d'ore).
Sbatti appena uova, tuorli, zucchero e succo di limone, continua con  la panna, setaccia il composto, unisci le zeste, mescola e riempi la crostata cotta in bianco.
Continua la cottura, sempre in forno statico, per altri 25’-30’.
Sforna, lascia raffreddare completamente e spolvera con lo zucchero a velo prima di servire (e se lo desideri decora con qualche fiore fresco di rosmarino).

Bibliografia
Lina Urban, L’arte dei fruttaroli - Centro internazionale della grafica di Venezia, 1989
Niki Segnit, La grammatica dei sapori - Gribaudo Editore, 2010

2 ingredienti:

  1. E mi sono catapultata in un bel posto, direi! Ho apprezzato molto l'introduzione storica, come sempre puntuale e molto "funzionale". Poi, che dirti, la mia Niki sei tu e la tua grammatica apre a nuove trame gastronomiche. Grazie per questa storia da cuocere!

    RispondiElimina
  2. Anna Maria Pellegrinovenerdì, 17 aprile, 2020

    Cioa Sonia! Storia da cuocere mi piace tantissimo! Per me è sempre un onore raccontare storie che vogliano farsi cucinare da me.

    RispondiElimina

Benvenuti nella mia cucina!