Ieri pomeriggio stavo andando a Vighizzolo d'Este per assistere a "Comunipane" ovvero il 4^ simposio sul pane italiano organizzato dal Molino Quaglia.
Guidavo sull'autostrada resa incandescente da Scipione l'Africano (le prossime due ondate di caldo previste per l'inizio di luglio e la metà di agosto si chiameranno Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, Henry Miller permettendo) circondata dal verde dei campi di mais e dall'oro di quelli di grano, spruzzati da getti di acqua che immaginavo freschissima.
Ho pensato alla fatica dell'uomo per ottenere un raccolto e poi, come un lampo, il ricordo di un articolo letto qualche tempo fa ovvero che l'agricoltura moderna prevede l'utilizzo di grandi quantità di acqua che servono a far crescere raccolti che andranno ad alimentare quei bovini che sono la fonte maggiore di produzione di CO2. Bovini, e quindi carne rossa, e nello specifico l'eccesso di consumo, responsabili di quella patologia che affligge il mondo occidentale ovvero il sovrappeso e l'obesità, se è vero che negli Stati Uniti è più che "abbondante" una persona su due e se l'Italia ha il triste primato del maggior numero di bimbi in sovrappeso.
Ed ho pensato ai vegetariani ed al loro movimento che vede in Italia cinque milioni di aderenti che sono assolutamente ignorati dalle multinazionali (che non perdono spunto per rendere i consumatori più "sensibili" ai consigli per gli acquisti), dai produttori locali, dai ristoranti e dai bar in genere. Quasi inspiegabilmente.
Il primo approccio che ho avuto con la realtà vegetariana è stata due anni fa, durante lo Sherwood Festival. Allora mi occupai della cucina per tutta la durata dell'evento e le ragazze che mi davano una mano erano tutte vegetariane convinte, nel senso che quando al mattino si iniziava a preparare la linea affrontare i tagli di carne per i vari piatti presenti nel menù era sempre un piccolo dramma. "Oddio, tutto quel sangue!" era la frase che mi sentivo ripetere più spesso e legare i tagli per gli arrosti o marinare i tagli per i brasati in punta di dita o con gli occhiali da sole non poteva certo essere considerata una soluzione.
Tra una pausa ed un'altra aprivano il loro mac e mi facevano vedere video su video di una brutalità indicibile e la motivazione della loro scelta era sostanzialmente questa: "Non posso macchiarmi di tutta questa crudeltà, di questa cattiveria gratuita. Per poi sentirmi dire che le bestie sono loro". Considerazioni che hanno sfondato una porta aperta.
Per il lavoro che faccio non posso certo abbracciare completamente la scelta di diventare vegetariana ma una cosa sicuramente posso farla ovvero quella di cercare allevamenti etici, rispettosi della vita e della morte dell'animale che sia esso un pacioso bovino, un piccolo animale della corte padovana, un ovino d'alpeggio.
Se dalla fine della seconda guerra mondiale in poi è bastato il mito del profitto di pochi per far si che i più perdessero quella sensibilità, che la cultura contadina aveva insegnato per secoli, credo non sia impossibile ritornare indietro sui nostri passi e riconsiderare le nostre scelte, ovviamente anche quelle enogastronomiche.
Abbiamo trattato con supponenza e poco rispetto la nostra madre terra e i "condomini" che con noi la abitano e il conto da pagare non si è fatto attendere.
All'arrivo al Molino Quaglia il ricordo dei vari tour manager alle prese con artisti, tecnici del suono, musicisti e montatori vegetariani e vegani mi ha fatto sorridere e tornare alle mente quella volta che ci chiesero di preparare 10 chilogrammi di orzo...e verdure :)
Se dalla fine della seconda guerra mondiale in poi è bastato il mito del profitto di pochi per far si che i più perdessero quella sensibilità, che la cultura contadina aveva insegnato per secoli, credo non sia impossibile ritornare indietro sui nostri passi e riconsiderare le nostre scelte, ovviamente anche quelle enogastronomiche.
Abbiamo trattato con supponenza e poco rispetto la nostra madre terra e i "condomini" che con noi la abitano e il conto da pagare non si è fatto attendere.
All'arrivo al Molino Quaglia il ricordo dei vari tour manager alle prese con artisti, tecnici del suono, musicisti e montatori vegetariani e vegani mi ha fatto sorridere e tornare alle mente quella volta che ci chiesero di preparare 10 chilogrammi di orzo...e verdure :)
Tartare
di orzo con salsa di cannellini
Ingredienti (per 4 persone)
Per la tartare: 160 gr di grano saranceno, 1 avocado maturo, 1 cetriolo, 3 carote, 10 olive piccole nere, 2 foglie di mente, 1 rametto di aneto, 5 fili di erba cipollina, ½ limone (succo), olio evo, sale.
Per la salsa: 125 gr di canellini in scatola, ½ limone (succo), olio evo, sale, pepe nero in grani.
Procedimento
Cucinare l’orzo secondo le indicazioni, scolarlo, lasciarlo raffreddare sotto l’acqua fredda e metterlo da parte.
Lavare la menta, l’aneto e l’erba cipollina e tritare tutto grossolanamente. Sbucciare l’avocado, dividerlo a metà e privarlo del nocciolo; sbucciare il cetriolo e con uno scavino eliminare la parte centrale con i semi; ondare le carole e e snocciolare le olive.
Tagliare tutto a dadini, trasferire la dadolata in una terrina e unire l’orzo, il trito di erbe aromatiche, l’l’olio, il succo di limone e una presa di sale e mescolare delicatamente magari aiutandosi con una spatola morbida.
Nel mixer frullare i cannellini ben scolati con l’olio, il succo di limone, una presa di sale e una macinata di pepe.
Con l’aiuto di un coppapasta impattare ponendo al centro del piatto la tartare e completare con qualche cucchiaiata di salsa di cannellini.
semplicita' ed eleganza..sono sempre un'ottima scelta
RispondiEliminaclelia
Non posso che condividere ogni riga di quello quello che dici in questo post (da vegetariana:-) E la citazione del titolo è come sempre azzeccatissima e brillante.
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