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IL COUSCOUS MAROCCHINO DELLA COMUNITA’ EBRAICA CON LE PRUGNE #INNAMORATEDELLETUERICETTE

Mille e una ricetta
“Ett’am fi lafrah ou laqrah”, “Il couscous, presente nei momenti di gioia e di dolore”.
Per gli abitanti del #Magreb, come per tutte e popolazioni del Mediterraneo, gli alimenti non sono elementi passivi della vita di tutti i giorni, ma hanno un preciso significato e sono legati ai riti che accompagnano i momenti chiave dell’esistenza. Momenti che, come attraverso uno squarcio spazio-temporale, ci conducono ad un punto e ci indicano la via per il successivo.
Nella mia sempre più affollata macchina del tempo siamo pronti per un nuovo viaggio alla scoperta della #cucinamediterranea con le prugne  Sunsweet #innamoratedeltuobenessere e faremo tappa in Marocco.
Accomodatevi che mille e mille saranno le storie che vi racconterò.



Granelli di storia e semi di geografia
Chi ha seminato per primo il grano duro? Una donna nell’oasi di Damasco, dove sono state scoperte tracce di farro risalenti a diecimila anni fa? Oppure erano nella bisaccia di una contadina nomade che dal Corno d’Africa cercava con la sua tribù un luogo migliore dove vivere?
Alcuni botanici affermano che i geni del grano duro ci portano nelle pianure costiere, verso le rive del Mar Rosso, tra lo Yemen e l’Eritrea, a seguito delle popolazioni che migravano seguendo il percorso del Nilo.
In tutte le lingue parlate berbere, dall’oasi egiziana di Siwa alle coste atlantiche del Marocco e verso sud fino al Mali e al Niger, dove vivono delle popolazioni tuareg, i nomi îrden, îarde o îdhen, che identificano il grano duro, non derivano in alcun modo né dalle lingue del vicino Oriente né dal latino.
Il grano duro, infine, prima di arrivare nelle cucine latine e trasformarsi nella “pasta a fili” ben raccontata nei Taccuina Sanitatis, è stato fondamentale bottino di guerra, come la caduta di Cartagine ben racconta.


Lo zen e l’arte della manutenzione del couscous
Dalle steppe alle cucine del Mediterraneo il passo non è stato così breve. I rotondi granelli hanno bisogno di pazienza e maestria per essere “cocciati” in un’alchimia segreta di acqua e semola, dove il diametro del singolo granello è identitario di un luogo e caratterizza le pietanze. Sta di fatto che l’aleppino Ibn al-‘Adìm, nel suo trattato di cucina dato alle stampe nel XIII sec, declinava quattro ricette, dando delle indicazioni tecniche fondamentali: l’arte di spianare i grani e l’importanza della corretta cottura a vapore, dove la chiusura ermetica del tegame trasforma i grani che dovranno traboccare di tutti gli umori e dei profumi degli ingredienti che la tradizione e la fantasia suggeriscono, in una sorta di zuppa, intesa nel senso antico della parola.

I grani di semola devono essere leggeri, regolari, separati e per ottenerli ci vuole una mano felice e una buona dose di pazienza. Una volta lavorati si setacciano, con setacci diversi, così da ottenere uniformità di cottura che dovrà avvenire rigorosamente al vapore. Successivamente si stenderanno i granelli sopra un panno pulito e lasciati essiccare al sole, areandoli di tanto in tanto con le dita della mano. Si coccolano, insomma, ad uno ad uno e così amorevolmente accuditi sapranno dare il meglio di sé assieme alla carne, alle verdure ed al pesce, alla frutta e alle spezie.



Granelli vagabondi
La cucina del Mediterraneo lo declina in decine di ricette ma, molto più importante, lo colloca in diverse latitudini. In una trattato di cucina provenzale del XVI secolo se ne trova traccia sotto il nome di “coscoton alla moresca” e nel 1895, il Cordon-Bleu indica “il couscoussou arabo” fra le “minestre della cucina straniera”. 
La semola trasformata in cuscus è oggi tradizionalmente consumata a Livorno, in Sardegna e in Sicilia: il cuscus alla livornese, la fregola sarda o il Cascà di Carloforte, legato alle comunità tabarchine, ma anche il cuscus trapanese con il pesce raccontano di questo spirito vagabondo.

Per curare la nostalgia
Shihāb al-Dīn Abū l-ʿAbbās Aḥmad ibn Muḥammad al-Maqqarī, storico arabo maghrebino, vissuto tra il 1580 e il 1630, racconta che il profeta Muhammad apparve in sogno ad un amico letterato orientale, del quale era ospite, raccomandandogli di curare la sua nostalgia con un “kuskusun” dolce.

Un piatto intimo e conviviale
Proviamo a pensare ai piatti che condividiamo con amici e parenti nei momenti importanti della nostra vita: le cerimonie religiose (come il battesimo o il matrimonio), i compleanni e gli onomastici, il Natale e la Pasqua, la laurea, una promozione oppure un addio. Cibi rituali per momenti chiave della nostra esistenza. Sono tutti diversi da famiglia a famiglia, da festa a festa.

Per il couscous non è così. E’ presente nelle ricorrenze sacre e in quelle pagane, nella circoncisione dei bimbi come nel primo giorno di scuola, nel matrimonio come nel dopo hamman con le amiche, all’inizio del nuovo anno agricolo, ai festeggiamenti del solstizio, per il Ramadam. 


La vita scandita dai grani del couscous, l’elemento mediatore prediletto, Sid lasiyad, “signore tra i signori”, in quanto porta in sé i quattro elementi di base dell’alchimia: il fuoco, che partecipa alla sua creazione, la terra, che ha prodotto il grano, l’acqua, elemento fondamentale per la crescita e la trasformazione ed infine l’aria, ovvero il vapore profumato, quasi fosse un incenso. 

Così che il t’am el Janaza, il couscous servito prima di recarsi al cimitero sarà l’atto caritatevole verso il defunto come quello preparato durante il Iaouham, il periodo che caratterizza i primi quattro mesi di gravidanza, quando le voglie, intese anche come capricci alimentari, verrano placate con couscous speciali, che non si preparano tutti i giorni, un po’ volubili come un capriccio, salati e speziati oppure leggeri e dolci, che vedranno la frutta, fresca e secca, come protagonista assoluta.

Piatto arabo per le feste ebraiche
Elementi alchemici, riti che donano alla quotidianità del couscous una sacralità unica che trova nella condivisione la quintessenza dell’accoglienza e del benessere.
Come la ricetta che vi presento oggi. 



Il Marocco, durante la seconda guerra mondiale, faceva parte della "Francia non occupata”, colonia sotto il diretto controllo del governo collaborazionista e filonazista di Vichy. Ebbene, Muhammad V, re del Marocco (ma senza un effettivo potere), nel 1940 dinnanzi agli emissari di Pétain che gli chiesero la lista dei nominativi da deportare, rispose che non esistevano sudditi ebrei, bensì solo sudditi marocchini. E quando gli occupanti francesi vollero imporre la stella gialla, il monarca chiese di ordinarne dieci in più, perché l’avrebbe indossata anche lui e tutta la sua famiglia. Protesse gli oltre 250mila ebrei che vivevano in Marocco ed anche le loro proprietà.

Per la comunità ebraica la tavola è l’altare e il cibo è un modo per glorificare la grandezza di Dio e cosa c’è di più grande di condividere anche la cultura gastronomica di un paese che accoglie e protegge lo “straniero”?

La ricetta di questo couscous della festa vede un procedimento un po' semplificato, in quanto non tutti possono avere in dispensa una couscoussiera tradizionale, ma non toglietevi il piacere di lavorare con serena lentezza e con il sorriso nel cuore e nelle labbra, come si conviene alla preparazione di un piatto da condividere in una cerimonia.

R - IL COUSCOUS DOLCE E SALATO DELLE FESTE CON PRUGNE, MANDORLE, POLLO E CECI (KASKSOU EL FARHA)

Portata: primo piatto
Dosi per 4 persone
Difficoltà: media
Preparazione: 20’ 
Cottura: 45’ circa

Ingredienti, 
600 g di couscous, meglio se palestinese e del commercio equosolidale
600 g di petto di pollo (o, se preferite, di costolette di agnello)
250 g di zucca a tocchetti
6 cipolline bianche (tipo le “borrettane”)
3 carote
1 bicchiere di ceci lessati
5 cucchiai di olio di arachidi
1 cucchiaio di zucchero
100 g di uvetta
100 g di mandorle 
1/2 bicchiere di mandorle tostate a lamelle
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1/2 cucchiaino di pepe nero di Sarawk
1/2 cucchiaino di curcuma in polvere
3 pistilli di zafferano
olio evo
brodo vegetale
sale

Procedimento
Mettete in ammollo in acqua tiepida le prugne e l’uvetta per 10’.
Mondate le carote e tagliatele a tocchetti regolari, mondate le cipolle ma lasciatele intere, tagliate a tocchetti anche la zucca ed infine il pollo.
Nella base della tajine scaldate due o tre cucchiai d’olio e rosolate il pollo per 10’, aggiungete le verdure e rosolatele per altri 10’, infine aggiungete un paio di mestoli di brodo dove avrete sciolto lo zafferano e continuate la cottura per altri 10’. Profumate con il pepe macinato al momento.
Nel frattempo tostate metà  delle mandorle in una padella dal fondo pesante o antiaderente e, una volta raffreddate tritatele grossolanamente. Nella stessa padella rosolate con un paio di cucchiai d’olio le prugne e l’uvetta scolate. Mettete da parte e friggete nell’olio di semi le mandorle rimaste.
Pesate il couscous e cuocetelo nella stessa quantità di brodo vegetale leggero bollente dove avrete sciolto metà della cannella e dello zucchero. Mescolate e sgranate bene ed unite metà delle mandorle tritate.
Componente questo couscous da cerimonia accomodandolo (meglio sarebbe a piramide) nella base della tajine, attorno distribuite la carne e le verdure, decorate con le mandorle fritte ed infine insaporite il tutto con lo zucchero e la cannella rimasti.

Bibliografia
Le avventure del couscous di Hadjira Mououb e Claudine Rabaa, Guido Tommasi Editore, 2009
L' Islam a tavola. Dal Medioevo a oggi di Lilia Zaouali, Laterza 2005
La cucina di Ziryab di Farouk Mardam-Bey, Edizioni Lavoro 1998
Di Tripoli il buon sapore di Vincenzo Capretti, Ed. Mursia 2011
G. Ascoli Vitali-Norsa, La cucina nella tradizione ebraica
J. Rundo, Shalom Salaam - Feste e ricette dal Medio Oriente
Di Tripoli il buon sapore di Vincenzo Capretti, Ed. Mursia 2011
Habibi di Craig Thompson, Rizzoli Lizzard, 2011

5 ingredienti:

  1. Senza parole, Anna Maria. Ad ogni post, mi si apre un mondo. Grazie!

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  3. Veramente interessante! 0gni tuo post fantastico.

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