Se l'uomo è ciò che mangia, il cuoco è ciò che cucina?

GENTE DEL FUD E DISSAPORE IN VIDEO

GENTE DEL FUD E DISSAPORE IN VIDEO
20foodblogger, 20prodotti, una passione: Pomodorino di Torre Guaceto o Cipolla di Acquaviva? ;)

la cucina di qb è anche app

la cucina di qb è anche app
per telefoni Nokia

La Cucina Italiana

La Cucina Italiana
Special Ambassador

Lettori fissi

Puntarelle marinate con zenzero e sakè. Ed una riflessione sul coltello


Vi è mai accaduto di pensare ad un piatto, come le puntarelle al sakè che vi presenterò oggi, e poi, durante la lavorazione, dar vita a spunti di riflessione che con la ricetta non c’entrano molto? 
A me spesso, come se la frase di Edmund Leach si inserisse in ogni pratica di cucina che svolgo: “Le persone non hanno bisogno di cuocere il cibo: lo fanno per ragioni simboliche, per dimostrare che sono uomini, non bestie”

Il cibo necessita di un approccio complesso e articolato in quanto molte sono le discipline che lo “affrontano” da più punti di vista: storia, sociologia, antropologia, psicologia, economia. E ognuna di queste discipline può ulteriormente approfondire la produzione, i regimi alimentari, i comportamenti di consumo, le pratiche, la simbologia.
E questo vale anche per gli strumenti che si accompagnano alla manipolazione del cibo in quanto troppo spesso ci concentriamo sugli ingredienti i quali però, per essere trasformati secondo i desiderata del cuoco, non possono essere sempre presi a mazzate.

Approfondendo la riflessione di Leach si evince che il cibo, oltre ad essere un elemento di sostentamento del corpo, è anche un mezzo di comunicazione, attraverso il quale si esprimono valori, pensieri, si creano marcatori sociali e temporali, ci si integra o ci si separa.

L’uomo del Neolitico che sbalzava selci ha in sé i prodromi dell’anatomia degli animali che andrà a “porzionare” con lo strumento appena inventato e ulteriormente perfezionato con l’immanicamento. Da questo immanicamento trae origine il coltello.
Si può dire quindi che in principio era il coltello: avere in mano una lama significava poter sfilettare, sminuzzare, sbucciare, cambiare in mille modi la forma e le dimensioni di ciò che la natura metteva a disposizione, ma soprattutto selezionare e organizzare la materia in funzione del suo consumo concreto.
Bartolomeo Scappi (1500-1577), il “cuoco dei Papi” nel 1570 pubblicò il più grande trattato di cucina del tempo, “Opera”. Includeva più di mille ricette, tecniche e strumenti, come i coltelli, suggerendone addirittura gli usi più adatti.


Impara l’arte e mettila da parte, verrebbe da dire
Peccato che le consuetudini gastronomiche che distano da noi migliaia di chilometri, identitarie di culture differenti dalla nostra spesso vengono sentite come qualcosa “contro”, dimentichi del fatto che il tragitto percorso dai Sapiens, che li ha portati a divenire dèi da animali qual’erano è stato il medesimo ed unito da una caratteristica comune, ovvero il possesso di uno strumento rivoluzionario: il linguaggio. Tra l’altro, detto tra noi, eravamo animali di nessuna importanza.

Tagliarsi con un coltello

Ma io volevo parlarvi del coltello, effettivamente, e mi sono dilungata in altro. 
Allora partirò dalla fine del rapporto che ognuno di noi dovrebbe avere con il coltello, un rapporto intenso ed unico, quello del “tagliarsi”, per poi percorrere in post successivi la storia e la geografia di questo strumento così affascinante.

Come evoca Tim Hayward, nel suo incredibile libro “Coltelli” (Guido Tommasi Editore, 2017) “possedere, amare e usare correttamente un coltello significa sentire di aver superato la paura che ti fa, aver imparato a padroneggiarlo. Il taglio diventa un simbolo del delicato confine che si è oltrepassato. In altri settori della nostra vita di solito evitiamo cose che ci fanno male, ma da questo punto di vista il nostro rapporto con il coltello è come quello con un animale domestico di razza o particolarmente amato. Non importa se ogni tanto ci morde o ci da un calcio. Dimostra il suo spirito…è fatto così”.



Ricetta, Puntarelle, essenza di zenzero e arancio dolce, sakè

Per puntarelle si intende una cicoria catalogna che si presenta come un cespo di foglie verde intenso e di forma allungata che racchiude dei germogli gustosi e croccanti. Si possono consumare entrambi.

Portata, contorno
Difficoltà, semplice
Dosi per 4 persone
Preparazione: 20’ più il riposo
Cottura: 10’

Ingredienti 
  • 1 kg di puntarelle, da mondare
  • 2/3 arance non trattate, dalle quali ottenere 100 ml di succo d’arancio e le zeste
  • radice di zenzero fresca, pochi grammi (a gusto)
  • essenza di zenzero bio 
  • essenza di arancio dolce
  • 30 ml di sake
  • olio evo
  • sale in fiocchi
  • pepe nero di Timut
Procedimento
Ne indico due, con e senza essenze: daranno sensazioni gustative ed olfattive diverse, da provare.
  • Monda le puntarelle: elimina le foglie esterne più danneggiate, arriva al cuore del ciuffo di cicoria e troverai un cuore delicato e croccante formato da germogli, le puntarelle.
  • Le foglie tagliale a tocchetti, cucinale per 2’/3’ al vapore e poi saltale in padella con uno spicchio d’aglio: saranno un contorno perfetto e la breve cottura manterrà croccantezza e soprattutto il colore.
  • Taglia invece i germogli a spicchi regolari.
  • In una ciotola mescola succo d’arancia, la radice di zenzero grattugiata, olio e profuma con una macinata di pepe nero. Copri con pellicola e fai riposare in frigo per 30’: una breve marinatura.
  • Trasferisci le puntarelle una padella antiaderente già calda, spadella a fuoco vivace per 2’/3’, sfuma con il sake, unisci un paio di cucchiai di marinata filtrata e cuoci coperto, a fuoco dolce, per altri 4’/5’.
  • Regola di sale e pepe e servi immediatamente, spolverando con le zeste.
  • Il procedimento con le essenze è decisamente più veloce e più concentrato sui sentori aromatici che evocheranno: in una ciotola mescola il sake con 30 ml di olio, spruzza l’essenza di zenzero (in questo caso a gusto, ma ce ne vorranno minimo quattro), unisci le puntarelle cotte al vapore per 2’ (devono rimanere croccanti), copri con pellicola e fai riposare per 20’, a temperatura ambiente, mentre si raffreddano.
Al momento del servizio spruzza l’essenza di arancio amaro e profuma con pepe nero di Timut macinato al momento.

2 ingredienti:

  1. Mi manca il sakè in dispensa, il resto "cielo". E con buona pace di Confucio, che ti ringrazio per non aver citato, posso dirti che ho gustato il post come fa un'innamorata che ascolta il suo innamorato. E quasi quasi, prendo spunto, adesso che la didattica a distanza ci fa fare la parte delle maestre, parto da qui per spiegare il Neolitico alla Creatura, magari lo incuriosisco di più che i libri di testo di questo Paese Italia...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi pare giustissimo testare nuove forme di didattica. Ai miei ragazzi a scuola racconto undicimila anni di evoluzione gastronomica con un corso dal titolo "Da Fred Flinston a Chef Rubio". Viene apprezzato ;)

      Elimina

Benvenuti nella mia cucina!