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Il confetto, da duemila anni un abito dolce che racchiude la storia, la geografia e la cultura del cibo. E non solo


Per il calendario del cibo italiano, nella settimana dedicata alla Mandorla a cura dell'ambasciatrice Flavia Silipigni Galasso, oggi si festeggia la Giornata Nazionale del Confetto, la cui ambasciatrice è Alice Del Re. 

Il confetto è un “prodotto che si ottiene rivestendo con strati di zucchero, miscelato o non a essenze e a sostanze coloranti innocue, un nucleo centrale di mandorle, nocciole, frutta, o di liquori e creme di liquori. Gli strati di zucchero sono sovrapposti al nucleo per successive bagnature, effettuate in bassine (caldaie preferibilmente in rame o acciaio, in continua rotazione) non troppo riscaldate. I confetti sono utilizzati di solito per festeggiare particolari ricorrenze (nascite, matrimoni, lauree ecc.). L’eventuale colorazione esterna, in genere, corrisponde a una determinata celebrazione.” (cit. Dizionario Treccani).

Quando nacque il confetto come lo conosciamo noi?
Fino a quando l'esercito di Alessandro Magno non scoprì nel 324 a.C. la mitica "canna di Persia”, che divenne poi coltivazione comune anche nella città di Palermo (a proposito, sapete che la parola veneziana "sucaro" ha la medesima radice di "sakhara" che in sanscrito vuol dire sabbia o zucchero?), qualcosina si poteva fare con il miele, unico riferimento dolce che la natura aveva offerto fino ad allora. Apicio (14-37 d.C.) comunque ne parlava già in epoca romana e raccontava che si era soliti festeggiare nascite e matrimoni con particolari dolcini la cui anima di mandorla era avvolta da una pastella cotta di miele e farina.


In realtà “confettare” (dal latino conficĕre, preparare, confezionare) ovvero avvolgere con una sostanza dolce un’anima amara o medicamentosa sembra essere stato l’ingegnoso escamotage alla base della nascita dei confetti. Si racconta che lo scienziato persiano Abu Bakr Mohammad Al-Razi (865-930 d.C.), originario di Ray, un’antica città nei pressi di Teheran, per somministrare le medicine ai pazienti più piccoli ricoprì il “principio attivo”, spesso una mistura amara di erbe e spezie, con uno strato dolce, come fece molti secoli più tardi Mary Poppins, nella celebre canzone “basta un poco di zucchero e la pillola va giù…”.
Quindi una diagnosi ed una cura. E perchè non farla diventare una cura preveniva?

LA TEORIA DEGLI  UMORI
Dovete sapere che tutte le pratiche mediche che furono seguite fino al tardo medioevo si basavano sugli studi, e sulle convinzioni di due scienziati greci: Ippocrate (460 a. C.-370 a. C. circa) e Galeno (130-210 d.C) rispettati medici e filosofi.
Essi ritenevano che la buona salute di una persona dipendesse dal buon equilibrio fra i quattro umori presenti nel corpo: sangue, flegma, bile nera e bile gialla. Lo squilibrio umorale, anche se minimo, si manifestava nel fatto che il corpo diventava troppo secco o troppo umido, oppure troppo freddo o caldo ed andava ad incidere in maniera nefasta sulla salute fisica e mentale. Inoltre nella teoria “atomica” elaborata da Anassimene prima ed Anassimandro poi si riteneva che la materia organica che componeva il mondo allora conosciuto conteneva gli stessi umori presenti nel corpo e corrispondenti ai quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Di conseguenza ciascun tipo di alimento aveva delle caratteristiche umorali proprie e diventata fondamentale seguire un determinato stile di vita composto da corretta alimentazione, un giusto sonno ed un adeguato movimento fisico, per fare in modo quindi che le corrette proporzioni degli umori non si alterassero. Da qui ad affermare che "sia il cibo la tua medicina” il passo fu davvero breve e stabilire che gli alimenti dolci e speziati rappresentavano la summa degli umori fondamentali, ovvero il calore e l’umidità, fu la logica conseguenza.


Ecco allora che somministrare una sostanza zuccherina che ricopriva un medicamento, azione postuma necessaria a correggere uno squilibrio corporeo, fu sostituita dalla somministrazione preventiva, come indicato anche Giovanvettorio Soderini (Firenze 1526-1597) nel suo Trattato della cultura degli orti e giardini: Cuopronsi i coriandoli di zucchero per confetti, rompono le ventosità del ventre mangiati dopo pasto, e rendono buon odore e fanno buon fiato masticati in bocca.”

L’anima dei confetti quindi divenne un prezioso segreto composto da misture speziate ma anche da singoli semini di anice stellato, di cardamomo e di coriandolo e divenne consuetudine offrire piccoli dolcini sia in occasione festose come il Carnevale, durante il quale i patrizi veneziani lanciavano dalle finestre, durante il passaggio dei carri cittadini, confetti di coriandolo (sostituiti nel tempo dai più economici ritagli di carta colorata) che in quelle religiose come durante i festeggiamenti dei matrimoni mistici di monache e monaci, dove venivano offerte preziose coppe ricolme di confetti bianchissimi, ad indicare purezza e castità. Cronache medioevali, infine, testimoniano che l’Opera di S. Jacopo di Pistoia era solita offrire “palline dolcissime con l’anima di anice stellato” ai pellegrini che giungevano in città stremati dal lungo viaggio.
Ma l’eccessiva presenza del confetto nei monasteri, evidentemente, poteva divenire testimonianza di eccessiva debolezza ai piaceri della carne, come testimoniato da Boccaccio nel Decameron, Settima Giornata, Novella terza nella quale “Frate Rinaldo si giace colla comare; truovalo il marito in camera con lei, e fannogli credere che egli incantava i vermini al figlioccio” e si legge di un’accesa filippica contro la mollezza dei costumi dei monaci che vivono in “celle piene d'alberelli di lattovari e d'unguenti colmi, di scatole di vari confetti piene, d'ampolle e di guastadette con acque lavorate e con olii, di bottacci di malvagìa e di greco e d'altri vini preziosissimi traboccanti, in tanto che non celle di frati, ma botteghe di speziali o d'unguentari appaiono più tosto a' riguardanti.”

E LE BOMBONIERE?
Fatto sta che progressivo spostamento del confetto verso l’ambito simbolico religioso avviene proprio in questo periodo e la coppa, o la scatola, ricolma di confetti si trasforma in preziosa bomboniera che veniva scambiata in occasione del fidanzamento: i futuri sposi e le famiglie si scambiavano preziose scatolette porta confetti e il fidanzato donava alla promessa sposa una "coppa amatoria”, un piatto in ceramica che conteneva diversi confetti nuziali, un dono che che doveva assicurare fecondità e prosperità.
Ma questa è un’altra storia.

LE MANI IN PASTA, PARDON, NELLO ZUCCHERO
Ma chi confezionava i confetti? Sicuramente i pasticceri visto che il dolcino medicamentoso aveva perso nel tempo la funzione curativa ed era diventato simbolo ed auspicio di momenti festosi della vita di tutte le persone.

Le prime fabbriche di confetti sono documentate già XV secolo e identificano in Sulmona (L’Aquila) un centro produttivo fiorente e dalle attrezzature tecnologicamente avanzate, tra le quali le "bassine", le stesse che ancor oggi vengono utilizzate dal maestro pasticcere Mauro Morandin (che ringrazio per avermi inviato le immagini che lo ritraggono in alcune fasi della lunga e lenta lavorazione).


Tavole tratte dall'Enciclopédie di D'Alambert e Diderot, sec. XVIII



Mauro Morandin nel suo laboratorio

Nel Dizionario delle arti e de' mestieri di Francesco Griselini, pubblicato a Venezia 1772, si legge che Il confetturiere è quello che fabbrica, e che vende confetture, marzapani, biscotterie, e cent’altri articoli diversi fabbricati collo zucchero. Sembra che quest’arte sia stata inventata per alletare il gusto in altrettanti modi quanti ella produce lavori diversi. Non v’hanno frutta, fiori, semi, e piante, per quanto sian eglino buoni naturalmente, cui dar non possa un sapore più grato e dilettevole, oltre di somministrare alle mense de’gran signori il più bell’ornamento. In somma essa può eseguire collo zucchero medesimo ogni sorta di disegni, di piani, di figure, ed anche dei pezzi d’architettura. Tutte le specie di confezioni si riducono ad otto sorta cioè confezioni liquide, marmelade, gelatine, paste, confezioni secche, conserve, frutti canditi, e confetti.”

I confetti, le pastiglie, e le figure di zucchero sono pur anche lavori de’confetturieri. Si fanno dei confetti di tante sorta, e di diversamente nominati, che non sarebbe facile il darne di tutti notizia. Si mettono in confetti dei semi di melone, d’unici, di finocchio, dei pistacchi, delle avellane, delle mandorle di varie sorta si pelate, come da pelare dei pezzuoli di cannella, brocche di garofano, ec. pezzuoli di polpa, o di arancio confezionati, ed altre molte sostanze. La maniera di coprire di zucchero la sostanza che deve formare il nocciuolo del confetto, è la stessa per tutti i frutti, o semi destinati a servire a tal uso; il perché noi pensiamo che recando la maniera di coprire una mandorla di zucchero per formare un confetto, si avrà una sufficiente cognizione di siffatto genere di lavoro. Si fa cuocere in un padellone dello zucchero chiarificato finchè abbia la consistenza di uno sciroppo assai denso. Conviene aver un barile senza i fondi, sulla parte superiore del quale si adatta un catino di rame di tal grandezza che riempia assolutamente il diametro del barile. Si mette in fondo a detto catino la quantità di mandorle ch’ei può contenere, adattando le une presso alle altre; si pone quindi al di sotto del catino entro il barile una fuocaia di bracce capaci di somministrare alle mandorle un dolce calore. Ridotto o zucchero al segno convenevole, se ne versa con un cucchiaio una quantità sulle mandorle, badando di agitarle continuamente con una spatola di legno, onde impedire che non si appicchino le une contra le altre. Si danno alle stesse successivamente parecchi strati di zucchero seguendo lo stesso metodo finchè abbiano acquistata la grossezza che loro si vuol dare. Certi confetturieri danno ai confetti per ultimo strato dell’armido, e la maggior parte lo meschia anche collo zucchero per accrescere il loro guadagno. L’operazione testè indicata è comune riguardo ai confetti lisci, ed ai confetti perlati, e ripieni di picciole punte, che scabrosi li tendono. Si perviene a lisciare i confetti ponendoli in una gran caldaia di rame, col fondo piatto, ove si agitano fortemente per ogni verso, aggiungendovi alcune gocciole di sciroppo freddo, il quale da confetturieri vien chiamato sciroppo cotto da lisciare. Lisciati i confetti, eglino non han d’uopo d’altro che d’essere seccati. A tal effetto si portano nella stuffa, la quale è un luogo, il di cui intavolato è di legname, e le di cui mura vanno corredate di piccioli telai di ferro sopra i quali si adattano gli stacci, che contengono i confetti. Nel mezzo della stuffa havvi una padella, o una caldaia di ferro piena di fuoco. Per fare i confetti perlati si procede nel modo indicato, come per far i confetti lisci sin alla metà dell’operazione; ma quand’abbian oglino acquistata nella prima caldaia la metà della grossezza che loro si vuol dare, si mettono in un'altra, sospesa al soffitto col mezzo di una corda attaccata ai due maniche della caldaia medesima che trovansi diametralmente opposti; e mercè ad un altro manico situato nella di lei parte anteriore, si fanno balzare i confetti al di sopra della caldaia per via del bilanciamento che le si procura si aggiunge dello sciroppo di tempo in tempo, e si tiene sotto la caldaia una padella di fuoco. I diversi movimanti che ricevono i confetti mediante tal operazione, riuscire li fanno con quelle punte di cui li veggiano sparsi. Dopo siffatta operazione, si portano nella stuffa come i confetti lisci. Lo zucchero, che rimane in fondo delle caldaie, viene impiegato a fare dei confetti comuni. Le buone qualità dei confetti sono di essere recentemente fatti, che lo zucchero ne sia puro, senza mescuglio d’amido, che siano duri, secchi, bianchi tanto al di fuori, quanto al di dentro; finalmente che i frutti, i semi, e le altre sostanze che ne formano il nocciuolo, siano fresche. Lo zucchero da fare le mandorle abbrustolite dev’esser cotto alla gran piuma. Si fanno mettendo i un padellone le mandorle, senza che siano state pelate, nello zucchero così preparato: le si agitano fortemente con una spatola di legno finchè lo zucchero sia interamente attaccato alle medesime, e che abbia acquistato un colore brunastro. Questa operazione dee eseguirsi sopra un fuoco ardente.”

Facile, no? 
Anche se non li produrremo mai a casa credo sia importante comprendere quanta maestria e quanta pazienza siano celate tra l'anima di mandorla e il vestito di zucchero cotto e stratificato. E sicuramente abbiamo bisogno di sapere dove si possono acquistare i migliori  confetti e come degustarli adeguatamente.






NOTIZIE DALL’INTERNO: SI FA PRESTO A DIRE MANDORLA
La rivista Gambero Rosso, nel marzo 2013, pubblicò un articolo davvero esaustivo sulla realtà produttiva del confetto italiano redigendo una playlist della dolcezza, dove veniva indicati non solo i 10 migliori pasticceri produttori ma anche quali dovevano essere le mandorle da utilizzare per degustare un prodotto d'eccellenza, mandorla che nel tempo ha sostituito il semi di coriandolo e di anice stellato.

La mandorla di Avola
È coltivata nel Siracusano e tutelata da un Consorzio (www.consorziomandorlaavola.it). In attesa di Igp, si fregia di un marchio utilizzato da pasticcieri, confettieri e trasformatori. La mandorla di Avola non è solo buona, è anche uno scrigno di salute per l’alto contenuto di acidi grassi insaturi, vitamina
E, magnesio, calcio e proteine vegetali. E con una quantità di polifenoli tre volte superiore a quelle californiane. Comprende diverse cultivar.

1 - Pizzuta
È la mandorla eletta della confetteria e della pasticceria di qualità. Il guscio è duro e liscio, con pori piccoli e un’estremità appuntita. Il seme è grande, ha la forma di un’ellisse larga, piatta e leggermente appuntita, con la superficie rugosa color rosso cuoio. Oltre che per la forma, è apprezzata per l’uniformità dei semi e per il sapore ineguagliabile.

2 - Fascionello
Non è impiegata dai confettieri per la forma più tondeggiante e appuntita rispetto alla pizzuta e perché più morbida e grassa quindi soggetta a sudare con il rischio di macchiare il confetto. Ma il sapore è eccellente, un po’ più dolce e delicato di quello della sorella maggiore. Perfetta per gli altri usi di pasticceria.

3 - Romana o corrente d’Avola
È considerata una mandorla di serie B non per il sapore, ricco e pieno, ma per la forma un po’ triangolare e irregolare e perché spesso gemellare quindi di spessore dimezzato.

La mandorla di Torrito
Ha un guscio morbido che si rompe facilmente con le mani. La forma piccola e panciuta non la rende adatta ai confetti. Ma il gusto intenso ed elegante, la pastosità e le note di burro in chiusura ne fanno una delle migliori mandorle italiane, impiegata da produttori di torrone di qualità. La zona di coltivazione è il territorio di Toritto, nel Barese, dove si sono sviluppate varie cultivar tra le quali la “Antonio De Vito” e la “Filippo Cea”. È tutelata da un presidio Slow Food, fondato dalla produttrice di riferimento della mandorla di Toritto, Emilia D’Urso della Masseria Pilapalucci (www.pilapalucci.it).

La mandorla californiana
Spesso spacciata per quella siciliana o barese, è una mandorla grande, bella e regolare, e con una resa del 60% contro il 20% di quelle nostrane. Una ragione c’è: l’irrigazione, che la ingrassa ma ne diluisce anche il sapore. In una parola: sa di poco, vagamente di noce di cocco. E poi è trattata con aflatossine, per questo la Comunità Europea alcuni anni fa ne ha bloccato l’importazione. Com’è andata a finire? Le lobby americane hanno chiesto alla UE di far innalzare il livello di aflatossine permesse. Quindi acquistate mandorle italiane.

La mandorla spagnola
È simile nella forma all’Avola ma è più rugosa e solcata. Il sapore è migliore della californiana ma non raggiunge i vertici delle nostre mandorle.

LA PLAYLIST PIU’ DOLCE: I DIECI MIGLIORI CONFETTI D’ITALIA
1°, MUCCI, Andria (BT), www.confettimucci.it www.muccigiovanni.it
L’“Avola Extra pelata 37/38” dell’antica fabbrica Giovanni Mucci ci ha fatto entrare nel mondo magico del confetto gourmet.
Un confetto di una finezza, un’eleganza e un equilibrio incredibili, dove si uniscono selezione della materia prima, una ricetta che gioca per sottrazione e un’esperienza ultracentenaria.

2°, LABBATE MAZZIOTTA, Agnone (IS), www. labbatemazziotta.it
Azienda dolciaria nel paese molisano sinonimo di campane. Oltre alla pasticceria fresca e secca e alle dolcezze ricoperte di cioccolato si muove bene anche nella produzione di confetti, ottenuti in modo e con ingredienti tradizionali: trattamento con gomma arabica, incamiciatura con amido di riso, confettatura nelle classiche bassine di rame insieme a vanillina.

3°, COLLE-FIORITO, Roma, www.collefiorito1945.it
Questa azienda artigianale romana nata nel 1945 e specializzata in cioccolato e confetti si posiziona al terzo posto con il suo “Avola Impero”. Un signor confetto, grande, molto regolare ed omogeneo di un bel bianco tendente al panna (ottenuto senza colorante). Se al naso non emana profumi, in bocca lascia belle sensazioni di sapore, aromi e consistenza. 

4°, ERNESTO BRUSA, Varese, tel. 0332 288 204
Un confetto di grande personalità dove la mandorla gioca il ruolo di vera star. È l’“Avola Flot Extra Super” della famiglia Usuelli, che ha rilevato l’antico confettificio Ernesto Brusa di Varese, nato negli anni Trenta. Bello nonostante il colore di un bianco sparato che vira all’azzurro (contiene E171): grande e omogeneo, con un sottilissimo strato di zucchero che lascia trasparire la forma sinuosa della mandorla sottostante (calibro 37/38), come una camicia bagnata. Ricorda il Cristo Velato della cappella Sansevero a Napoli.

5°, DOLCE- AMARO CONFET- TERIA MOLISANA Monteroduni (IS), www.dolceamaro.com
L’azienda della famiglia Papa, nata nel 1975 a Cassino, in Ciociaria, poi trasferitasi in Molise, si aggiudica un meritato quinto posto con l’“Avola Extrafino 38/40”. La mandorla è trattata con gomma arabica, maltodestrina e amido di riso prima della confettatura resa più candita con l’aiuto di E171 e aromatizzata con vanillina. Il confetto si presenta molto grande, piatto e regolare, di un bianco leggermente innaturale.

6°, PRISCO MAXTRIS, Scisciano (NA), www.confettimaxtris.it
Prisco è il marchio di Italiana Confetti, con sede a Somma Vesuviana e stabilimento a Scisciano. L’“Avola 40 lusso”, il nuovo confetto dell’azienda napoletana destinato alla nicchia di mercato, confezionato in un’elegante scatola di cartoncino bianco meringa con esili scritte oro e marrone, è un prodotto gourmet con poco zucchero e additivi ai minimi termini: gomma arabica, amido di riso e vanillina, senza E171.

7°, ROSSETTI, Milano, www.rossettisposa.it
“Fabbrica confetti e affini dal 1936” a Milano, Rossetti compete con il suo prodotto di punta, l’“Excellent Bianca Avola 40”, oltre il 40% di mandorla, il resto zucchero, gomma arabica (e talvolta maltodestrina), amido di riso, vaniglia e biossido di titanio. Un bel prodotto, di grande masticabilità, con la camicia di zucchero fine e friabile, che lascia trasparire le rugosità di una mandorla grande, magari dal sapore non esplosivo ma fresca, umida e dalle note aromatiche convincenti e pulite.

8°, PELINO, Sulmona (AQ), www.pelino.it
Pelino è un pezzo della storia del confetto nazionale, con un ricco medagliere di riconoscimenti. Nata nel 1783 nella città sinonimo di confetti, dove ha fabbrica e museo dedicato, continua a produrre le piccole dolcezze secondo antiche ricette di famiglia e orgogliosamente senza amido e coloranti. Solo un po’ di gomma arabica come addensante, vaniglia («in genere del Madagascar») unita a vanillina per aromatizzare.

9°, D’ALESSANDRO, Sulmona (AQ), www. confettidalessandro.it
Altra fabbrica nella città per definizione del confetto, prossima a spostarsi a L’Aquila nella zona industriale, vicino a una delle new town post sisma, dove attiverà altre dolci produzioni.
Il confetto “riserva” dell’azienda di Enzo La Civita (impegnata da anni nella solidarietà, soprattutto nella protezione dei cani) è Sogno di Sulmona, con Avola calibro 38/40 trattata con gomma arabica prima dell’incamiciatura con amido di riso. Forma un po’ irregolare e disomogenea di colore bianco panna convincente (ottenuto senza colorante).

10°, DI DONATO, Pescara, www.didonatoconfetti.it
Un buon confetto l’“Avola Gloria 38” dell’azienda pescarese, anche se un po’ sui generis per quell’aroma di zagara e d’arancia che si avverte al naso e soprattutto in bocca e lo rende poco caratteristico. All’occhio si presenta abbastanza grande, piatto, regolare e di un bianco corretto (con l’aiuto di E171). Lo strato di zucchero piuttosto sottile avvolge una bella mandorla di buon calibro (trattata con gomma arabica), fresca, pulita e dal sapore abbastanza pieno.

Ho riportato le considerazioni di coloro che hanno partecipato al panel di degustazione,  Marco Greggio, agronomo e docente di analisi sensoriale Marco Rinella, pasticciere di Cristalli di Zucchero - Roma la redazione del Gambero Rosso, e le prime righe a corredo di ogni produttore, per far comprendere cosa vuol dire “degustare” un prodotto apparentemente semplice come il confetto, dove la lenta masticazione e la registrazione delle diverse sensazioni olfattive e gustative sono le medesime che venivano evocate nel medioevo con il piacere, a fine pasto, di inebriarsi con una spezia inzuccherata.

Buona degustazione.

Bibliografia
Francesco Ghiselini - Dizionario delle arti e dei mestieri
Sally Spetor - Venice ed i suoi sapori
Laura Malinverni - La cucina medioevale: umori, spezie e miscugli
Ippocrate - Teoria degli umori
Galeno - De elementis secundum Hippocratem
Giovanni Boccaccio - Decameron
Gambero Rosso, rivista Marzo 2013, a cura di Mara Nocilla
web: alcune immagini 

2 ingredienti:

  1. Bellissimo articolo. Grande ammirazione :)
    Tiziana

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  2. Va be', Anna Maria ma cosa si può mai dire? Qui si resta sempre a bocca aperta. Un post splendido, che è una piccola summa del confetto. E la top ten a completare. Grazie davvero. Come al solito, un arricchimento per tutti :-)

    RispondiElimina

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