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"Rosso Relativo" ovvero Zuppa dolce di ciliegino, rabarbaro e frutti di bosco con quenelle di ricotta di pecora e grue di cacao


A me il rosso non è mai piaciuto.

Neppure il famoso Rosso Valentinoanche se declinato in una tonalità decisamente elegante, come solo la maestria dello stilista avrebbe potuto fare.
Non mi piace il rossetto rosso che, detto fra noi, può essere indossato solo da labbra che non abbiano superato i 20 anni. Poi l'effetto ragnatela sarebbe indubbiamente controproducente.
Non mi piace lo smalto rosso. Appena appena il rosso sangue di piccione che praticamente è un sangue morlacco illuminato. Per indossare uno smalto rosso bisogna avere mani esangui, senza segni di alcun tipo, con il letto dell'unghia lungo. Insomma un paio di mani che non fanno molto durante la giornata o, quantomeno, non ravanano interiora di pesci, melanzane e carciofi, a seconda della stagione.
Credo di avere un solo paio di mutande rosse e solo perché me le hanno regalate. E comunque non le ho mai indossate.
Non ho neppure scarpe rosseMa per le scarpe è sempre pronta una deroga.
Non mi piacciono le rose rosse. Troppo pathos. Preferisco quelle antiche spampinate, con i petali apparentemente spettinati come si fossero appena alzate dal letto. E poi i tulipani neri, le ortensie azzurre ed i crisantemi bianchi. 
Ma questo è un altro discorso.


Nel tempo ho imparato ad amare il colore rosso, iniziando con l'arredamento.
L'acquisto, trent'anni fa, di una Vanity prodotta da Poltrona Frau e disegnata nel 1930, fu la mia prima manifestazione di affetto nei confronti del colore che per tutte le popolazioni del mondo corrisponde alla vita, alla vitalità, al vigore sessuale (ecco spiegato il perché delle mutande).
E dall'arredamento l'attenzione si è spostata all'orto con un grande dilemma: ma prima della scoperta del nuovo mondo, al netto del cocomero, quali erano gli ortaggi ed i cibi rossi?
Il pomodoro, o "purpurea meraviglia", per molto tempo adottato come pianta ornamentale, curiosità con variazioni di nomi e colori, aveva nella sua natura, nella sua consistenza alcune qualità che lo rendevano, agli occhi della teoria degli umori, poco appetibile: era umido, ricco d'acqua, acido e facilmente deperibile. Insomma un tipo del quale diffidare.
Fu una riabilitazione lenta la sua, dalla Spagna al sud Italia, e fu solo grazie all'intuizione di Francesco Cirio, piemontese, che lo inscatolò e lo distribuì lungo tutto lo stivale, soprattutto durante la grande guerra, che divenne il simbolo della mediterraneità.


Oggi, e solo oggi, grazie alla bellissima collaborazione tra il Consorzio del Pomodoro di Pachino IGP e l'Associazione Italiana Food Blogger, si festeggia un pomodoro tutto particolare, quello di Pachino e, improvvisamente, la blogsfera si è arricchita del colore e del sapore di un ortaggio che è molto più del simbolo del Mediterraneo, essendo un indiscusso testimonial della Sicilia e della sua ricchissima gastronomia.
Il contest organizzato nella settimana del Calendario del Cibo Italiano tutta dedicata al pomodoro vedrà premiata la ricetta più originale e creativa il cui autore avrà l'opportunità di godere della Sicilia e di scoprire la terra in cui nascono le delizie di Pachino.

La mia ricetta non poteva che prendere l'ispirazione da una terra che amo particolarmente: un dessert, quindi, una sorta di Île flottante, come la Sicilia appunto, preparata con ricotta di pecora dolcificata con estratto di datteri e resa appena croccante da un trito grossolano di arachidi, neutri nel gusto. Il mare che avvolge la candida isola è preparato appunto con il pomodoro, un estratto, arricchito nelle sensazioni gustative, dal rabarbaro, dalla frutta di bosco e dalle marasche, quelle conservate in sciroppo da Luxardo, utilizzato anche per dolcificare, ma senza cedere nello stucchevole, il tutto. 
Infine una delicata cialda ed un severo grue di caco chiudono il piatto e ristorano il palato.


"Rosso Relativo" ovvero Zuppa dolce di ciliegino, rabarbaro e frutti di bosco con quenelle di ricotta di pecora e grue di cacao

Ingredienti (per 4 persone)
Per la zuppa dolce
500 g di pomodoro ciliegino di Pachino Igp
100 g di radice di rabarbaro mondata
120 g tra fragole, ribes, lamponi
20 g tra more e mirtilli
6 ciliegie marasche al frutto Luxardo
20 g di sciroppo di marasche
20 ml di Sangue Morlacco Luxardo

Per la quenelle di ricotta
250 g di ricotta di pecora
20 g di estratto di dattero liquido
20 g di arachide tostata non salata tritata grossolanamente

Per il piatto
Pepe nero lungo, cialda preparata con 1:1 di farina, albume, burro e zucchero modellata su silpat e cotta pochi minuti nel forno statico a 200°, grue di cacao (fava tostata).

Preparazione
Lavare e mondare il pomodoro, la frutta e tagliare a tocchetti il rabarbaro, passarli nell'estrattore: se si desidera avere un effetto più vellutato effettuare l'operazione con l'accessorio per la preparazione degli smoothies. Dolcificare con lo sciroppo e terminare con il sangue morlacco.

In una ciotola mescolare la ricotta passata al setaccio un paio di volte con l'estratto di dattero e la granella di arachidi. Far riposare in frigo.

Lavorare gli ingredienti per la preparazione della cialda, bastano 50 g per ingrediente, inserire il composto in un sac a poche e modellare la forma che si preferisce sopra un tappeto di silpat o un foglio di carta forno e cuocere, senza distrarsi, nel forno già caldo per pochi minuti, fino alla doratura dei contorni. Sfornare immediatamente e far raffreddare.

Comporre il piatto versando a specchio la zuppa dolce, lavorare la ricotta a quenelle e posizionarla al centro, completare con piccoli frutti, posizionare la cialda, profumare con una macinata di pepe nero lungo e decorare con il grue di cacao.




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