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Biscotti al caffè con farina di farro integrale. E "il qui e ora".


I biscotti al caffè sono un piccolo concentrato di equilibrio. Pochi ingredienti, ridotte dimensioni, risultato perfetto e armonico.
Ora non intendo i biscottoni americani, deliziosi, per carità, un morso dei quali sostituisce l’assunzione di un antidepressivo o mezza seduta dall’analista. 
Confesso che li ho sempre sentiti un po’ troppo esagerati. Invadenti, a volte prepotenti.
Parlo dei biscotti della nostra tradizione gastronomica, a volte fatti di niente e profumati con quanto poteva offrire la natura, come le essenze di arancio ed i semini di anice.
Preparati con cura, riposti in credenze tirate a lucido, dalle piccole ante decorate con vetri sottili. Con quel profumo che solo i mobili della nonna hanno. Ogni nonna la sua credenza, ogni credenza il suo profumo, ogni profumo la sua nonna.
Magari conservati in scatole di latta, quelle dove c’erano stati altri biscotti, anche industriali, è vero, ma eleganti, che entravano nelle case solo nei giorni di festa e che sapevano di burro, tanto burro. Del resto è festa, vogliamo lesinare in grassi quando l’occasione gioiosa lo consente?
Poi i biscotti industriali hanno messo da parte la scatola e sono diventati più pop, usciti dalle feste comandate per entrare nei giorni feriali. Sempre con lo stesso scopo di prender il posto di qualcos’altro e non solo della seduta dall’analista.
Al momento della colazione, per esempio, al posto del pane avanzato. Oppure celati nella cartella per poi far bella mostra di se durante la ricreazione, l’integrità sempre in bilico tra il sussidiario e la scatola del compasso ed intonsi solo grazie al medesimo karma che protegge i bambini da eccessive cadute e sbucciature assortite.

I biscotti sono preparati con la farina che nasce da un chicco. I chicchi, tanti, sono raccolti nella spiga, avete presente? Non trovate sia un altro concentrato di equilibrio? Meglio, i chicchi disposti in modo così ordinato offrono un modello di armonia. E forse anche di eguaglianza.
Anche il filo dei funamboli ci offre l’opportunità di esercitare l’equilibrio. In bilico tra paura e consapevolezza, sentimenti che devono essere allenati, come gli addominali ed i bicipiti.
E’ un’arte circense, un esercizio che si chiama “stare nel qui e ora”.

La lezione del funambolismo

Il multitasking ci ha illuso di poter vivere più intensamente ma è l’esatto opposto. La lezione del funambolismo è proprio questa: ponderare ogni passo, perché può rivelarsi fatale. Il filo insegna a non distrarsi, ad accogliere la paura piuttosto che scacciarla, a gestirla.
Si chiama “Wires Crossed" ovvero il funambolismo come tecnica circense e strumento di benessere. Durante le lezioni il filo è teso a pochi centimetri da terra, cosa che consente di sperimentare il sentimento della paura in tutta sicurezza, imparando a gestire il rischio senza andare in panico, ed a respirare profondamente.
Ma anche senza filo ci si può allenare ad intravedere opportunità nelle difficoltà, restando fluidi nei movimenti. Non c’è nulla di peggio che irrigidirsi nel momento del pericolo.

L’uscita dai mesi di distanziamento sociale me l’immagino come un barattolo di biscotti che barcolla un po’, si inclina e cade. Non rovinosamente, altrimenti tutti i biscotti si romperebbero. Cade in modo gentile, quasi sdraiandosi di lato, perde il coperchio e via! tutti i biscotti in libera uscita, come al momento della ricreazione. Come un funambolo in armonia e senza filo.

Consapevoli che l’obiettivo non sarà arrivare subito in fondo, ma fare bene il primo passo.

Ricetta, Biscotti al caffè con farina di farro integrale

Ecco i biscotti equilibrati che escono saltellando dalla scatola di latta: un farro integrale ed un profumo di riso, la dolcezza dello zucchero e l'amarezza che sa di cacao di un'elegante miscela di caffè che si chiama Dolce. E diventeremo tutti funamboli.

Portata: dolci e lievitati
Dosi, per 6/8 persone
Difficoltà, minima
Preparazione, 15’ più il riposo
Cottura, 20’

Ingredienti
  • 200 g di farina di farro spelta integrale, Mulino Racchello
  • 125 g di zucchero di canna
  • 50 g di farina di riso
  • 10 g di polvere di caffè Goppion, miscela Dolce
  • 8 g di cremor tartaro
  • 2 g di sale
  • 100 g di burro a temperatura ambiente
  • 40 g di tuorlo
  • 35 g di albume (circa 1 uovo e 1 tuorlo) a temperatura ambiente
  • 1 espresso preparato con la miscela Dolce
Procedimento
  • Setaccia le farine con il cremor tartaro, aggiungi lo zucchero il sale e la polvere di caffè, Sbatti le uova con il caffè tiepido ed ammorbidisci il burro.
  • Versa le polveri in una ciotola formando una sorta di cratere, aggiungi i liquidi, mescola con una forchetta, aggiungi il burro morbido a tocchetti ed impasta velocemente con le mani. Otterrai una palla liscia, morbida e profumata. Appiattiscila a panetto, avvolgila con pellicola e fai riposare in frigo per 30’.
  • Spolvera con poca farina una spianatoria, stendi il panetto con un matterello ad uno spessore di 0,5 cm, con un coppapasta del diametro di circa 4 cm forma tanti biscotti, trasferiscili in una leccarda coperta da foglio in silpad e cuoci nel forno statico già caldo a 180° per circa 18’-20’. Devono dorare ma non troppo.
  • Altrimenti, se possiedi una sparabiscotti, fai riposare l’impasto a temperatura ambiente e spara il biscotto sulla leccarda senza silpat, carta forno, burro o olio. E procedi con la cottura.
  • Sforna, fai raffreddare sopra una granella. Si conservano in una scatola di latta per una settimana.

"Sfumature Mediterranee" ovvero Cannolo di mezzo pacchero con mozzarella di bufala al cardamomo, zucca ai datteri di Al Jufrah e gelato di crema inglese al caffè selvatico della foresta di Harenna per #LSDM Veggy Style

La sfida o, meglio, l'invito ad interpretare in chiave Veggy Style la Mozzarella di Bufala, ricevuto da Le Strade della Mozzarella, ha visto confrontarsi ricette davvero incredibili, che vi suggerisco di andare a gustare con gli occhi, dalle quali si evince approfondimento e contaminazione. E quindi man mano che trascorrevano i giorni le mie interpretazioni, ben tre testate fino al piatto finale, non riuscivano a convincermi, a cogliere la mia attenzione nel racconto della loro storia.
Perché le mie ricette devono partire sempre da una storia.



"La creatività è l'elemento portante del progresso del mondo, non solo in senso tecnologico. Abbiamo bisogno di un Rinascimento nuovo, che deve partire dalla Cultura."
La radio sempre accesa qualche tempo fa mi rimandò, in sintesi, l'intervista che vi riporto sopra. Non ricordo il contesto né il tema ma per giorni queste parole sono entrate ed uscite dalla testa come un loop: la cultura è crescita ed è l'unico investimento che sia a breve che a lungo termine restituirà un futuro più ricco. Ma costa fatica in quanto per poter accogliere il "nuovo", l'altro, bisogna cambiare le chiavi di lettura della propria realtà, spogliarsi di pregiudizi e deliri di onnipotenza. Insomma, bisogna mettersi in discussione.


Provate a pensare alla zucca, un ortaggio originario dell'America meridionale, dove i contadini peruviani la coltivavano fin dal 1200 a.C., giunta in Europa con la scoperta del Nuovo Mondo, e che Greci già conoscevano, visto che alcune varietà di Cucurbitaceae provenivano dall'Asia meridionale e dall'Africa. Non solo, ma la Lagenaria (come quella nella foto) veniva coltivata da Etruschi e Romani, tanto che sia Dioscoride che Plinio la utilizzavano in galenica, considerandola "refrigerio della vita umana, balsamo dei guai".
Ma fu la fiaba scritta da Charles Perrault, che trasforma l'umile ortaggio nella regale carrozza utilizzata da Cenerentola per coronare il suo sogno d'amore, che rese palese il simbolismo a cui è legata la zucca: la ricchezza dei semi interni ricorda la rinascita, la risalita al cielo, una nuova vita. Scavata all'interno, illuminata da una candela e posta sui davanzali delle case ai margini del bosco rappresenta il saluto affettuoso che i vivi danno ai loro morti, in uno scambio continuo tra questi due mondi, dove a chi non c'è più si affida la protezione dei semi che, nascosti nella buia e fertile terra invernale, restituiranno gioia e frutti con i germogli primaverili.
Durante la festa del Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico, da tempo immemorabile c'è l'uso di mangiare i "bocconcini", piccoli pezzi di frutta, verdura, carne e pesce preceduti da una benedizione, legata al simbolismo di questi ultimi, e, per quanto riguarda la zucca, l'auspicio recitato è "Sia Tua volontà o Signore, Dio nostro e Dio dei nostri Padri, che venga strappato il cattivo giudizio decretato contro di noi e vengano invocati presso di Te i nostri meriti", dove per "strappare" si intende proprio l'atto di raccogliere la zucca dalla terra. A Venezia, infine, la filastrocca "Suca baruca" rivela l'infinita contaminazione avvenuta nei secoli, esattamente cinque, tra il Ghetto e la Serenissima, dove per baruca si intende "baruch", benedetta, la benedizione recitata a tavola.


Ecco come una ricetta prende forma, quindi. Partendo dal molto lontano e dal molto vicino, dal consueto e non solo e dal desiderio di giocare, rispettandoli profondamente, con gli ingredienti, cercando di leggere in essi tutto quello che nel tempo hanno scritto e lasciandoli parlare ed interagire, armonicamente.

La zucca che coltivavano i contadini peruviani diventa regina in tortelli di "fiadonesca bontà" che il tribunale dell'Inquisizione di Venezia nel 1580 guardava con sospetto, avendo scoperto che "marrani" continuavano a consumare con malcelata avidità questi tortelli dolci "pastelli, ravioli et frittole de zucchero fatte all'hebrea".
Il dattero, altro frutto che ben conoscono nell'Antico Testamento, consumato tra fiumi di latte e miele,  è la dolcezza concentrata in boccone, che ha bisogno di sole intenso e oasi ricche di palme, di ombra e di acqua, come nell'oasi di Al Jufrah, al centro di secolari rotte carovaniere e protette dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità e l'Africa Mediterranea che segue anche un altro progetto, quello del Caffè Selvatico della foresta di Harenna, in Etiopia, luogo che da sempre ha visto crescere le rosse bacche di questa pianta, che amo spasmodicamente! 
Nella grammatica degli ingredienti, e nella cultura araba che vede l'ospite padrone assoluto, il caffè, preparato con riti e strumenti immutati nel corso del tempo, e il dattero ben si sposano con il cardamomo, spezia dalle innumerevoli qualità medicamentose ed afrodisiache, la cui bacca, schiudendosi voluttuosamente, rivela i preziosissimi semi, come nell'intimità femminile.


Tutti questi ingredienti, così morbidi, avevano bisogno di uno scrigno croccante, il mezzo pacchero che diventa cannolo e di una sapidità elegante, quella donata dalla mozzarella di bufala.
Il crumble di cioccolato bianco e il chicco di caffè coperto di cioccolato fondente (e non potevo non usare quelli del venezianissimo Arrigo Cipriani) chiudono il racconto di questa ricetta e degli ingredienti che la compongono, che vedono quindi trasformarsi un piatto di pasta con mozzarella e zucca in un dolce che ha bisogno di sole caldo, di acqua pulita, di terra fertile e tanti sorrisi per trasformarsi in un dessert che si mangia con il cucchiaio e con le mani, ulteriore e finale contaminazione, nella trasformazione di un'elegante crema inglese in un gelato molto mediterraneo,


La confezione di pasta Pastificio dei Campi scelta, i Mezzi Paccheri, riporta delle immagini: Arturo, il pastaio, Nicola e Giusy, i mugnai, e l'acqua di Gragnano, come ringraziamento del loro lavoro che ha consentito di ottenere un prodotto così buono.
Io vorrei ringraziare anche tutti quei volti e quelle mani e quei sorrisi sconosciuti che hanno curato  tutti gli altri ingredienti, consentendomi di conoscerli, utilizzarli, amarli.


"Sfumature Mediterranee" ovvero Cannolo di mezzo pacchero con mozzarella di bufala al cardamomo, zucca ai datteri di Al Jufrah e gelato di crema inglese al caffè selvatico della foresta di Harenna

Ingredienti per quattro persone

Per il cannolo
3 mezzo pacchero per porzione, Pastificio dei Campi
sale di Maldon
olio di semi di vinacciolo per friggere

Per la crema inglese al caffè
500 ml di latte
100 g di tuorlo o 6 tuorli bio
50 g di glucosio
50 g di zucchero semolato
1 tazzina di caffè selvatico della foresta di Harenna, Etiopia
1 cucchiaio di grani di caffè selvatico della foresta di Harenna, Etiopia
1 bacello di vaniglia bourbon o tahiti, a gusto

Per la farcia di mozzarella di bufala e zucca caramellata
200 g di zucca mondata
200 g di mozzarella di bufala Dop 
25 g di datteri presidio Oasi di Al Jufrah
15 g di concentrato di dattero (commercio equo solidale)
4 g di fibra alimentare
4 semi di cardamomo

Per il piatto
Datteri libici freschi
Crumble di cioccolato bianco ottenuto con 50 g di cioccolato bianco
chicchi di caffè ricoperti di cioccolato fondente Cipriani 

Preparazione
Portare a bollore il latte con i semi di caffè, abbattere e lasciare in infusione in frigo per tutta la notte.

Portare a bollore dell'acqua salata, lessare la pasta, seguendo l'indicazione del produttore, 13', scolarla e raffreddarla immediatamente.
Infilare due/tre mezzi paccheri per stampo per cannoli e friggere fino a doratura in olio di vinacciolo già caldo a 180°.
Scolare e far asciugare in carta assorbente.

Filtrare, scaldare ma non portare a bollore il latte, con la bacca di vaniglia, e procedere con la preparazione della crema inglese: in una boule sbattere i tuorli con lo zucchero e il glucosio, unire il caffè espresso, mescolare bene, filtrare con il cinese, trasferire in una casseruola dal fondo pesante e cuocere a fuoco dolcissimo fino a quanto la crema non velerà il cucchiaio di legno, se non avete un termometro, oppure alla temperatura di 80°. Abbattere, metterne da parte 80 ml e mantecare il resto in una gelatiera.

Aprire le bacche di cardamomo e polverizzare al mortaio i semi interni.
Eliminare dai datteri il nocciolo interno e la pellicina esterna, tagliarli a brunoise
Cuocere al vapore la zucca per 10'. Passarla al setaccio e frullarla con i datteri, assaggiare ed aggiungere a gusto il concentrato di dattero.
Frullare la mozzarella di bufala a temperatura ambiente da almeno un paio d'ore, passarla al setaccio ed unire la polvere di cardamomo.
In una boule unire i due composti, far amalgamare bene aggiungendo anche la fibra e trasferire in un sac a poche con la punta a stella.

Far sciogliere il cioccolato bianco nel forno statico a 150° per qualche minuto, facendo attenzione che non diventi troppo scuro, strapazzarlo con i rebbi di una forchetta ottenendo delle piccole palline, abbattere o far raffreddare.
Eliminare da altri 2/3 datteri il nocciolo, filamenti interni e la buccia, tagliare la polpa a brunoise e mettere da parte.

In un piatto rettangolare versare un cucchiaio di crema inglese, posizionare sopra 3 cannoli, con la farcia di mozzarella e zucca, spolverati appena di zucchero a velo e decorati con un chicco di caffè, unire il gelato decorato con qualche cubetto di dattero e servire con il crumble di cioccolato bianco. 


#pastaemozzarellaveggiestyle #lsdm#pastificiodeicampi #lebrigatedellapasta 



Fondente al cioccolato e caffè: una storia d'amore, la sua colonna sonora e la terza ricetta per #SanValentino


La colonna sonora per questa ricetta, e soprattutto per questa storia, non può che essere "Amore" di Ryuichi Sakamoto.

La storia d'amore è quella che ognuno di noi dovrebbe vivere. La seconda, visto che la prima è con la propria Mamma, e si tratta della lettura.

Leggere ci rende più curiosi, più intelligenti, più interessanti e quindi più belli. E in un mondo in cui tutti vorrebbero assomigliarsi essere volutamente diversi in quanto le proprie sinapsi vivono di vita propria non può che essere una meravigliosa storia d'amore. Un atto d'amore verso sè stessi che, a differenze del selfie, non è immortalare il proprio narcisismo ma arricchire il proprio "io", che poi potrebbe divenire "noi".
Ma questo è un altro discorso.


La storia d'amore che vi racconterò, quindi, è quella tra la Biblioteca Internazionale "La Vigna", a Vicenza, e  Forma srl, un'azienda che si occupa di web. Insieme hanno dato vita ad un progetto che amo davvero molto ovvero "Adotta un libro", che prevede l'informatizzazione del patrimonio librario, il più vasto, antico ed importante a livello internazionale su tutto ciò che riguarda la civiltà contadina e la cultura enogastronomica.

Non è un amore di progetto?

Quali libri fino ad ora sono stati adottati? E quali altri libri potrebbero ricevere le medesime amorevoli attenzioni? Nella parte del sito de La Vigna dedicato al progetto ci sono tutte le informazioni in quanto, come diceva Indro Montanelli, "Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente".

 
Uno dei libri adottati fu pubblicato a Firenze nel 1728 e si tratta di "Altro parere intorno alla natura, ed all'uso della cioccolata" disteso in forma di lettera indirizzata all'illustrissimo Conte Armando di Woltsfeitt. 
Il librino è in realtà una lettera aperta, scritta da Francesco Zeti, dipendente di tal Panone, proprietario di una fiorente attività di fornaio. Evidentemente Panone, seguendo la moda che dalle corti europee, e soprattutto a Venezia,. era diventata consuetudine comune, aveva iniziato a servire "Cioccolatteai propri clienti, ovvero una bevanda preparata con il cioccolato in polvere diluito con latte, zuccherata e profumata con spezie "calde" come la cannella e la noce moscata. E sul più bello, con tanto di bolle papali e scritti gesuiti che avevano sottolineato la bontà del cioccolato e la liceità del suo consumo nei giorni di magro, nella tarda primavera del 1728 iniziò a girare in Firenze una lettera, nella quale si denigrava pesantemente il prodotto "cioccolato" e di conseguenza il suo consumo.

L'umilissimo Francesco offre all'Illustrissimo Conte il suo punto di vista, contestando il contenuto della lettera scritta, secondo lui, da "Dilettanti di questa squisita bevanda" inserendo tutta una serie di argomentazioni indicatrici di quanto studio, quanta passione e quanto amore doveva avere Francesco per il suo lavoro e per questo "salubre" ingrediente.
Alla lettera segue una nutrita bibliografia di autori che trattano ed hanno trattato la cioccolata, uno scherzo ditirambico in lode alla cioccolata ed una lode all'albero che produce il cacao, senza il quale non ci sarebbe nulla di cui godere (e disquisire).



E la storia d'amore dov'e? Sotto i vostri occhi: l'amore per il passato e per il futuro, l'amore e la passione  per il proprio lavoro, l'amore per la verità, l'amore per la natura e per quanto essa è in grado di produrre. E l'amore per il voler condividere tutto questo.

Chissà se l'amore contenuto in questo librino riscalda il cuore di coloro i quali si stanno riempendo la bocca della parola "Expo".... 


La terza ed ultima ricetta sviluppata per #lebuonericette chiuderà in bellezza, e in eleganza, il menù di #SanValentino. 

Fondente al cioccolato e caffè

Ingredienti (per due persone)
100 g di cioccolato fondente 54% max 62%
50 g di zucchero
50 g di burro (più quello necessario per imburrare gli stampini)
50 g di farina non forte
5 cl di caffè ristretto
2 uova bio
2 quadrotti di cioccolato fondente (8 g)
1 pizzico di peperoncino o mix di spezie (se desiderato)

Preparazione: 10’, Cottura: 10’, Difficoltà: minima


Procedimento
Accendere il forno a 200° statico.
In una ciotola unire il cioccolato con il burro e scioglierli al microonde (mi raccomando non superate i 350w i potenza ) o a bagnomaria.
In una terrina sbattere le uova con lo zucchero fino a renderle spumose.
Versare la farina setacciata e mescolare nuovamente.
Unire questo composto a quello di cioccolato, mescolare ed unire infine il caffè ristretto (unendo, a questo punto, il peperoncino, se desiderato) mescolando sempre delicatamente con una spatola.
Imburrare 2 coccotte di 6-7 cm diametro o due stampini che possano andare in forno.
Versare il composto a metà delle tazzine, posizionare il quadrotto di cioccolato e ricoprire con il resto del composto.
Cuocere per 10’ nel (forno caldo, sfornare e lasciar riposare 5’ prima di servire il dessert decorando, se si desidera, con un po’ di zucchero a velo o con la scorza grattugiata di un arancio bio o con un rametto di ribes.

Dal 17 al 21 gannaio il Molino Quaglia al #Sigep con PETRA® al centro di una filiera che dal campo porta a partener italiani selezionati


Si chiama Petra Selected Partners ed è il progetto che il Molino Quaglia presenterà durante la prossima edizione di Sigep(Salone Internazionale gelateria, pasticceria e panificazione artigianali) che si terrà a Rimini dal 17 al 21 gennaio.

L'iniziativa prevede la nomina dei primi 50 partner scelti tra le migliori pasticceriepanetterie e pizzerie d'Italia: un modo per aiutare il consumatore a riconoscere l'utilizzo delle farine Petra® (1, 3, 5 e 9) realizzando un itinerario tutto italiano capace di individuare i luoghi dove acquistare e degustare la farina macinata a pietra con grano 100% italiano del Molino Quaglia.

Ma nello stand del Molino Quaglia (Hall B5D5 -stand 3.) sarà possibile, durante l'interno corso del Sigep, dialogare con un gruppo di esperti (pasticceri, cuochi, esperti di lieviti) che illustrerà le tecniche per usare al meglio le farine della linea Petra®, ma anche quelle tecnico-professionali e senza glutine.

E naturalmente le farine personalizzate con i Bricks di PetraViva®: Bricks che per la prima volta saranno presentati nella nuova linea professionale in confezioni da 5 kg.
All'interno dello stand si parlerà inoltre di impasti attraverso quelle che sono state chiamate la ruota del pane, la ruota della pizza e la ruota della pasticceria. Ogni ruota, che introduce la necessità di variare la logica di assortimento coniugando profilo nutrizionale e forme del pane, avrà varianti di gusto e contenuto nutrizionale. Per il pane ci sarà soprattutto la ciabatta proposta in quattro varianti, per la pizza quattro diversi impasti con differenti profili nutrizionali e di struttura, per il dolce quattro varianti di struttura con un focus importante sui bignè assortiti.

La scelta di illustrare la lavorazione degli impasti che partono da una materia prima tracciata e di assoluta qualità rientra nell'ottica della formazione che da sempre il Molino Quaglia persegue a Vighizzolo d'Este (Pd). Proprio per imparare a lavorare la farina in modo ottimale il Molino offre nel corso dell'anno una vasta gamma di corsi professionali e amatoriali dedicati all'arte bianca (www.lascuoladelmolino.com). Conoscere gli ingredienti, risalire all'origine del grano, imparare le migliori tecniche di lavorazione della farina sono la base imprescindibile per realizzare prodotti capaci di esprimere una creatività che ha alle spalle non solo l'emozione di un piatto, ma la sostanza della sua realizzazione.

E per sottolineare l'importanza della conoscenza delle origini di un prodotto, il Molino Quaglia ha deciso di sostenere il progetto Barista e Farmer, il primo reality show al mondo basato sul caffè, che sarà tra i protagonisti di questa edizione del Sigep.

Per maggiori informazioni www.molinoquaglia.com 

Nasce il Consorzio di tutela dell'Espresso Tradizionale da inserire nella lista dei beni immateriali tutelati dall'Unesco



La scorsa settimana, a Conegliano, nella provincia di Treviso, è stato costituito il “Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale”, grazie all'azione illuminata di dodici torrefattori.
Il Consorzio ha lo scopo di valorizzare l’autentico espresso con un obiettivo molto preciso: ottenere l'inserimento del caffè espresso italiano nella lista dei beni immateriali tutelati dall'Unesco e considerati patrimonio dell'umanità.

L'iniziativa è partita in seno al Gruppo Triveneto Torrefattori Caffè, associazione che riunisce oltre 250 aziende del settore in tutta Italia, di cui Sergio Goppion è vicepresidente.
La tutela dell’espresso italiano – spiega Sergio Goppion – è già parte del lavoro quotidiano delle nostre aziende. Ora uniamo le forze per perseguire obiettivi più ambiziosi. Il riconoscimento da parte dell'Unesco sarà il punto di partenza per una sempre maggiore considerazione a livello internazionale”.

L’espresso è infatti un prodotto tutto italiano, la cui ricetta prevede un perfetto equilibrio di elementi quali la miscela; la grammatura, il grado e il tempo di macinatura; la temperatura dell’acqua e infine la tazzina nel quale è servito. Un bagaglio di storia, tradizioni e conoscenze che giustifica ampiamente il riconoscimento quale bene culturale immateriale.
Oltre alla Goppion, partecipano al consorzio i torrefattori: Bin Caffè; Caffè Cagliari; Caffè Krifi; Dersut Caffè; Esse Caffè; Hausbrandt Trieste 1892; Lazzarin Caffè; Oro Caffè; Quarta Caffè; Saquella 1856; Torrefazione Musetti e tre produttori di attrezzature per il caffè: Gruppo Cimbali; La Spaziale e Mazzer Luigi.

Il gruppo tuttavia - ci tengono a precisare le aziende firmatarie - è aperto a tutti i torrefattori italiani che vorranno unirsi nell'opera di difesa del caffè espresso.

"Un amore di Babà" con gelato all'arancia e cardamomo e caviale di caffè. Per l'Mtchallenge di Maggio



Il baracchino aveva gracchiato prima del notiziario. Come sempre Ciro "Ondaverde" riusciva a scoprire prima di tutti incidenti in divenire, deviazioni, blocchi stradali e quanto di più assortito potesse capitare in strada. In questa autostrada, ancora una volta..

Mi presento, mi chiamo Ferdinando e faccio il camionista: ho 39 anni, milioni di chilometri all'attivo, una motrice che è più bella di Marilyn Monroe e tre ernie lombari.
Dov'ero rimasto? Ah si, a Ciro Ondaverde ed al suo baracchino sempre puntuale. Dovete sapere che ognuno di noi ha un nomignolo con il quale si viene battezzati per sempre: il mio è "Babà". Che dite? No, certo che no! Non sono né particolarmente morbido né profumato ma ci fu una volta che Ciro non arrivò in tempo e mi trovai bloccato sul Brennero. E li lasciai il mio cuore.


Sembrava proprio un bell'incidente.
Il lungo serpentone di metallo si andava via via allungando e l'assenza di notizie non faceva che aumentare un certo nervosismo collettivo; dal furgoncino verde smeraldo davanti al mio camion scese una ragazza minuta. Parlava al telefono, credo, visto che una nuvola di ricci color rame nascondeva gli auricolari, indossava una tuta in jeans macchiata qua e là di bianco e una t-shirt bianca di una taglia di troppo che scopriva delle braccia sottili dalla pelle candida e coperte di lentiggini.
Si diresse verso la mia cabina, continuando a parlare al telefono, e mi fece segno di abbassare il finestrino.
"Posso aiutarvi?" feci dall'alto della mia cabina.
"Gli altri non so, me sicuramente!" rispose un sorriso bianco circondato da lentiggini irriverenti. La signorina faceva la spiritosa, faceva. Noi al sud diamo del voi e non mi pare che si sia mai lamentato nessuno.
"Non so come fare! Ho il furgone carico di impasti di babà! Ad alcuni devo aggiungere il burro, altri devono essere cotti e non parliamo di quelli che devono essere assolutamente aromatizzati con la bagna alcolica e poi c'è la marmellata e il gelato e il caffè....!" Snocciolava parole alla velocità della luce mentre dietro agli occhiali dalla grande montatura due occhi turchesi facevano fuoco e fiamme.



"Non saprei come aiutarvi, Signorina" risposi, cercando di dare un senso al suo discorso "sono un camionista e, come vede, sono bloccato come Voi."
"Uffa, e quanti siamo qui! Con questo voi mi metti confusione. Ce l'hai il barachino? Certo che ce l'hai! Allora chiama a raccolta i tuoi amici che sono bloccati in questa autostrada del cavolo e digli di venire qui: c'è da impastare, da cucinare, da bagnare! Credi ce l'abbiano un compressore e un po' di gasolio? Magari anche un tavolino, anzi due. No, meglio tre" e mentre elencava oggetti che riteneva assolutamente indispensabili si arrampicò sulla cabina ed aprì la portiera. "Piacere, Martina. Chiami i tuoi amici? Ti prego! Grazie!" Scese con un balzo e si diresse verso il suo furgoncino, iniziando a scaricare scatole di polistirolo nero.
Un fiume in piena. Ecco cos'era. Divertito chiamai Ciro e gli feci un breve riassunto della situazione: servivano dei pasticceri volonterosi, tre tavolini, un compressore e del gasolio, qualche forno. E Ciro, come se fosse la cosa più normale del mondo, chiamò. E cose se fosse la cosa più normale del mondo, qualcuno arrivò. Ed arrivarono anche i tavoli, il compressore e due forni.



"Ecco, dovete fare così: strozzare l'impasto fra l'indice e il pollice e poi fare delle palline e le mettete negli stampi. Chi è che si occupa di imburrare gli stampi? E poi bisogna portarli dentro la cabina di quel camion tutto nero: il sole che la scalda la farà divenire una camera di lievitazione. Questi invece sono già a posto e bisogna cucinarli. E questi bisogna bagnarli e poi tutti vanno spennellati con la marmellata."
L'autostrada diventò un laboratorio all'aria aperta. Dalle lussuose auto ferme come dalle scassate utilitarie scesero incuriositi manager imbalsamati nei loro gessati ed artigiani dalle mani callose e tutti, come in un flash mob goloso, divennero improvvisamente degli esperti pasticceri. Le giacche di sartoria lasciarono il posto a maniche di camicia arrotolate, le tute con i loghi delle aziende si colorarono di sbuffi di farina e ditate di burro mentre sulla bagna alcolica si andavano sviluppando diverse scuole di pensiero.
Martina correva da un tavolo all'altro, consigliando, correggendo, assaggiando, sempre con gli auricolari addosso e un po' alla volta il rumore dei motori lasciò il posto al vociare di una confraternita di pasticcioni. Vociare che divenne religioso silenzio quando si trattò di mangiare quanto preparato. Tutti insieme



Non riuscivo a spiegarmi come un'autostrada percorsa da sconosciuti fosse divenuta una brigata di pasticceri concentrati e scherzosi. Non riuscivo a comprendere la frenesia di Martina nel portare a termine un compito che il ritardo, dovuto all'incidente, avrebbe impedito. E non riuscivo a capire perchè man mano che gli impasti prendevano forma sotto le mie mani diveniva sempre più forte il desiderio di avvicinarmi a lei, di confondermi con le sue lentiggini.

Le ore erano trascorse veloci e tutti gli impasti avevano trovato la giusta collocazione e non un singolo grammo era andato sprecato.
"Perchè avete fatto tutto questo?" le chiesi, ritrovando quel coraggio ad avvicinarmi che poche ore prima non pensavo avrei perso. 
"Qui dentro c'è vita!" mi rispose "Energia, bellezza, dolcezza. Vorresti davvero che tutti questi doni andassero perduti? Ti giuro: non me lo sarei perdonata, mai!" concluse, mentre la frenesia che l'aveva scossa per ore veniva meno, lentamente, azzerando le nostre distanze.



"Non giurare che ti credo" dalla mia bocca non uscirono parole ma lei sentì ugualmente: alzò la testa e mi sfiorò le labbra con i ricci che sapevano di burro e di cannella. Le sue dita sottili si fecero strada attraverso i miei pugni chiusi dalla timidezza e si intrecciarono con le mie, che ricambiarono. Fui avvolto da un calore che mi tolse il fiato, sembrava fosse entrata dentro di me, sentivo il suo respiro, il battito del suo cuore. Sentivo il suo sangue mescolarsi al mio, ogni singola goccia scossa da un brivido. Mi resi conto di volerla come non avevo mai voluto nessuna e mi scostai lentamente. Non potevo permettere che il mio desiderio rovinasse tutto. Tolse una mano dall'intreccio e mi passò una delle estremità degli auricolari sporchi di farina e di sciroppo. 
"...dammi un sandwich e un po' di indecenza/e una musica turca anche lei/ metti forte che riempia la stanza/di incantesimi spari e petardi/ ehi, come vuoi/che si senta anche il pullman perduto/una volta lontano da qui/e l'odore di spezie che ha il buio/con quei due dentro al buio abbracciati/Ehi, ehi, come mi vuoi..."

Appoggiò la mano sulla mia nuca e finalmente si arrese. E ballammo dentro al buio abbracciati...


Dall'alto della mia cabina la vidi chiudere il portellone del furgone verde smeraldo. Si girò stringendo gli occhi colpiti dagli ultimi raggi di sole e salutai le sue lentiggini per un'ultima volta mentre, lentamente, la lunga colonna di veicoli, come un serpente risvegliato, riprendeva il cammino. Strinsi il volante fino a far diventare bianche le nocche e fu allora che mi resi conto che il profumo di spezie e di zucchero, il suo profumo, il profumo del babà che avevamo impastato insieme, era ancora abbracciato alla mia anima.
"C'aggià di', 'Nando. Ti ha rubato il cuore, l'ha messo nello stampo e se l'è portato via. Ci sono femmine che appartengono solo a loro. Che non si fermeranno mai."
Quando Ciro terminava le frasi in italiano intendeva manifestare sempre una certa solennità del suo pensiero. 
Aveva ragione. 
Martina mi aveva rubato il cuore e l'aveva scambiato con un babà.


Babà con gelato all'arancia e cardamomo e con caviale di caffè

Ingredienti
Per il babà
300 g di Petra Panettone, 3 uova di Paolo Parisi, 100 g burro di bufala, 100 g di latte di bufala (ne sono bastati 80 ma la giornata era molto umida), 25 g di zucchero profumato alla vaniglia, 4 g di lievito di birra secco bio, 1/2 cucchiaino di sale di Mothia all'arancia.
Per la bagna
1 litro d'acqua, 350 g di zucchero semolato, 80 g di miele d'acacia bio, 15 g di cannella in stecca Fairtrade, 20 g di scorza d'arancia bio, 5 g di scorza di limone bio, 200 g di Amaretto di Shaschira di Luxardo.
Per il gelato all'arancia e cardamomo
300 g di spremuta d'arancia (non succo già confezionato), 100 g di glucosio, 200 g di panna fresca, 3 semi di cardamomo, 1/2 cucchiaino di semi di carrube (volendo è possibile utilizzare 100 g di sciroppo della bagna per il gelato oppure sostituire tutta la panna e trasformare il gelato - utlizzando lo sciroppo - in sorbetto).
Per il caviale al caffè
250 g di acqua, 50 g zucchero semolato, 30 g di caffè espresso, 2 g di agaragar, olio vegetale
Per l'arancia confit
1 arancia bio, zucchero a velo
Per lucidare il babà
2 cucchiai di marmellata  albicocche bio diluita con un po' di acqua tiepida ed un po' di sciroppo

Procedimento
Preparare il lievitino sciogliendo il lievito di birra con 50 g di latte tiepido e 1 cucchiaino di zucchero e impastarli con 70 g di farina, tutti presi dal totale degli ingredienti, coprire e far raddoppiare.
Nella planetaria con la frusta a gancio unire il lievitino, la restante farina, il sale sulla farina adagiata alla pareti della planetaria, le uova, aggiunte una alla volta e il latte a cucchiaiate. Lavorare fino a quando l'impasto non si sarà incordato e comunque non meno di 20'. Coprire e far raddoppiare.
Nella planetaria unire l'impasto al burro pomata montato con lo zucchero restante, unendolo a cucchiaiate e lavorare per non meno di 20' e fino a quando si staccherà completamente dalle pareti della planetaria.
Trasferire l'impasto sopra una spianatoia, staccare dalla massa sei palline schiacchiandole tra il pollice e l'indice, collocandole all'interno dello stampo precedentemente imburrato.Coprire e far triplicare (le lievitazioni sono sempre avvenute in cella tra i 24° ed i 26°).
Accendere il forno  a 220°, raggiunta la temperatura infornare, abbassare a 200° e cuocere per 25'. Dopo circa 10' di cottura coprire con un foglio di alluminio, per evitare che la superficie scurisca.
Sfornare, far riposare 15', sformare e trasferire sopra una ciotola larga e bassa.

Preparare la bagna portando a bollore tutti gli ingredienti e facendoli sobbollire per 10'. Far raffreddare o abbattere, unire l'amaretto e bagnare il babà fino a quando manifesterà l'effetto spugna ovvero che pigiato in un punto ritornerà subito alla forma iniziale. Una volta terminata l'operazione spennellare la superficie con della marmellata di albicocche diluita con un po' di bagna.

Preparare il gelato scaldando la panna, all'interno della quale sono stati lasciati in infusione i semi di cardamomo per un'interna notte, e sciogliendo con una frusta il glucosio, unire la spremuta d'arancia, mescolare bene, passare al colino, unire la farina di carrube, abbattere, trasferire in gelatiera e mantecare.

Preparare il caviale di caffè portando a bollore l'acqua con lo zucchero e con il caffè liquido. Lontano dal fuoco unire l'agaragar, mescolando bene con una frusta e trasferire in una siringa. Versare il contenuto a gocce all'interno di una teglia contenente dell'olio di semi portato a 4°. Raccogliere il caviale con un passino e trasferirlo sopra un piatto freddo.

Preparare le fette di arancia confit tagliando a fette sottili un'arancia, trasferirle sopra una leccarda coperta da carta forno, cospargerle di zucchero a velo e cucinare nel forno statico per 4h circa a 70°.

Comporre il piatto con una fetta di babà, una pallina di gelato, una fetta di arancia e un po' di caviale di caffè.