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Insalata di feta e anguria ovvero il popone e il "Piacere onesto e la buona salute" secondo Platina


Bartolomeo Sacchi, detto "Platina", scrisse “De honesta voluptate et valetudine”,  insegnando come affrontare serenamente, saggiamente e igienicamente la vita, rivedendo quanto scritto tempo prima da Maestro Martino, con un occhio che definire moderno è riduttivo.
Il libro, nell’edizione curata dal raffinatissimo Emilio Faccioli e pubblicata da Einaudi nel 1985, si svolge in 10 volumi, ed è una “summa” del sapere gastronomico del secondo Quattrocento, una trattazione dell’arte culinaria, della dietetica, dell’igiene alimentare, dell’etica dell’alimentazione e dei piaceri della tavola integrata con quanto fino ad allora era stato pubblicato sull’argomento.
Le ricette presenti sono caratterizzate dall’inedito l’approccio nei confronti della materia prima dove il piacere onesto (azioni oneste) restituisce un appagamento che porta alla felicità come la medicina restituisce la salute all’ammalatoConcetti elaborati centinaia di anni fa e destinati ad un pubblico colto, borghese e non troppo costretto dalla morale cristiana, con gli strumenti culturali adatti, quindi, per apprenderli e tradurli in consuetudini quotidiane.
Apertura mentale, in sintesi, scevra da talebanismi gastronomici quelli che nel terzo millennio, travestiti con maschere salutistiche, riescono a dividere invece che unire a tavola. Fino ad ora era riuscito solo ad alcune confessioni religiose.

Vi riporto, quindi il punto 20 riservato al Popone del Primo Libro dell'opera dove, nei punti 11 e 12 si spiega bene come dev’essere il cuoco e “come si debba apparecchiare la mensa”.


20. I Poponi - “Sembra che i poponi siano diversi dal meloni essendo questi ultimi quasi rotondi e costati mentre quelli sono oblunghi, simili a cedri. Ma per la verità non differenziano gran che, poiché Plinio, afferma che i meloni derivano di poponi. Quando sono maturi si staccano spontaneamente dal picciolo, benché non vi siano appesi. Il popone è senza dubbio gustoso, ma si digerisce a stento perchè è freddo e umido. Dato tuttavia a mangiare senza scorza e senza semi, lenisce l’infiammazione di stomaco e dà un certo sollievo all’intestino. E’ bene mangiarlo a stomaco vuoto, altrimenti succede molto facilmente che ritardi la digestione e si trasformi negli umori che si trova predominanti in quel ricettacolo di cibo. Perciò i nostri antecessori usavano prendere il popone prima di aver mangiato, insegnandoci così a servircene a digiuno e a soprassedere a ogni altra vivanda fino a quanto non si posi sul fondo, almeno in parte digerito. Sebbene l’uso del popone non giovi ai nervi, tuttavia, inumidendoli, induce a orinare e così purga i reni e la vescica, purché ne siano tolti i semi. Affermano alcuni che il danno eventualmente provocato dai poponi può essere corretto o tolto di mezzo con il bere ossizacchera oppure ossimele (una sorta di bevanda preparata con aceto e zucchero o con aceto e miele, ndr). Alcuni, come Avicenna, consigliano di bere l’acqua insieme con i poponi, altri il vino, Quanto a me consento con la natura, la quale, dopo che si è mangiato il popone, è inclinata a desiderare il vino, e di quello buono, perchè è quasi un antidoto alla crudezza e alla frigidità del popone. Di questo frutto di dilettò a tal punto l’imperatore Albino che in una sola cena arrivò a mangiare cento pesche di Campania e dieci poponi di Ostia.” (qui una piccola introduzione sulle Teoria degli Umori, ndr).


Se avete voglia di sapere qualcosa di più sull'anguria, o cocomero, vi consiglio quanto è stato scritto la scorsa settimana in occasione della Giornata Nazionale del Gelo di Mellone, dove troverete dotte informazioni e qualche aneddoto curioso, oltre alla ricetta del tradizionale dessert siciliano, declinato in molte interpretazioni, tante quanti sono stati i contributi da parte degli associati Aifb.

E visto che la ricetta del dessert è già scritta e mangiata che ne dite di una fresca insalata, leggera a salubre, come sarebbe piaciuto a Platina. Ed ha Platina sarebbero piaciute anche le ricette che la sezione dedicata di Pam Panorama propone: cosa aspettate a mettervi ai fornelli? ;)


Insalata di anguria e feta

Portata: antipasto
Dosi per 4 persone
Difficoltà: semplice
Preparazione: 15’
Vino consigliato: Erbaluce Caluso Docg “Valgera”

Ingredienti
600 g di polpa d'anguria
300 g di feta
un mazzetto di basilico fresco
2 cipolla rosse
olio extravergine d’oliva
sale affumicato
Pepe nero cubebe macinato al momento

Preparazione
Sgocciolare e tagliare a cubetti la feta, cubitale anche l’anguria e tagliare a fettine sottili la cipolla.
Dividere gli ingredienti in quattro ciotole, decorare con le foglie di basilico e terminare con un filo d’olio, il sale e il pepe nero macinato al momento.

Bibliografia
Il piacere onesto e la buona salute, Bartolomeo Platina, a cura di Emilio Faccioli
Il Decamelone, Anna Ferrari
La cucina medievale: lessico, storia, preparazioni, Enrico Carnevale Schianca

Millefoglie di crepes con feta al timo, datterini confit e granella di pistacchio. Per le e-saltate una ricetta, un racconto, un cuore nuovo, un dono svelato.


“Giorgio Comini?”
Sembrò un’eternità quella che intercorse tra lo squillo del cellulare e la risposta. Dall’altra parte del telefono la voce femminile pacata e professionale sembrava quella di un ambasciatore senza pena.
Si, sono io.” rispose Giorgio, la cui voce profonda e armoniosa era oramai spezzata dal respiro corto e affannato.
Abbiamo un organo compatibile e siamo pronti” continuò l’infermiera. “L’equipe si sta preparando: ha bisogno di essere accompagnato per raggiungerci?”
Rimase impietrito. Aveva perso le speranze di poter ricevere un cuore nuovo in così breve tempo: la diagnosi di cardiomiopatia dilatativa che aveva stravolto la sua vita negli ultimi mesi non gli aveva lasciato scampo, neppure nella speranza, ed era in lista d’attesa da troppo poco tempo per poter pensare che l’estate sarebbe stata la stagione della sua rinascita.
Un cuore nuovo…” esclamò sottovoce. “E di chi è?” si lasciò sfuggire, mentre dall’altro capo del filo la professionalità dell’infermiera lasciò cadere nel vuoto il quesito.

Giorgio? Giorgio mi sente? Forza, che il temporale di stanotte ha spazzato l’afa e il cielo è una tavolozza celeste!” lo incitò una voce maschile limpida come la giornata che immaginava splendesse fuori dalla terapia intensiva nella quale era ricoverato. “Sono passati in molti a chiedere di Lei e ora c’è un amico. Se ha voglia, la sollevo un po’ così lo saluta dal vetro.”
Giorgio cercò di orientarsi con lo sguardo, impigliato com’era tra i numerosi fili che partivano dal suo petto e si collegavano alle apparecchiature necessarie a monitorare i suoi parametri vitali. I suoni che emettevano, ritmati e lenti, sembravano quelli di una playlist di soul music. Mise a fuoco più lontano e vide che Francesco, l’amico di sempre, gli faceva il segno della vittoria con le dita magre ed ossute, mostrandogli l’amuleto che portava sempre con sé.
Non può entrare?” chiese Giorgio sorridendo debolmente e cercando di rispondere al segno con la mano libera dalle cannule. “Solo parenti stretti” rispose la voce maschile “e comunque non sono ancora trascorse 24 ore dal trapianto. Non sia impaziente: avrà tutta la sua nuova vita per salutarlo.
La mia nuova vita…” ripeté Giorgio “con un cuore nuovo. Sembra una favola… ma di chi è il cuore?” chiese una seconda volta prima di riaddormentarsi con la domanda sospesa, rimasta nuovamente senza risposta.


La riabilitazione fu veloce, tanto da stupire il chirurgo che l’aveva operato, e tutte le riserve vennero sciolte in pochissime settimane.
“Sembra nato con questo cuore!” esclamò lo specialista di emodinamica dopo l’ultimo esame, “Il flusso sanguigno è perfetto, i suoi vasi come rinati, le prestazioni da atleta ed i farmaci antirigetto quasi inutili. Le confesso tutto il mio stupore.” concluse guardandolo fisso negli occhi ed appoggiandosi allo schienale dell’avvolgente e comoda poltrona nello studio ipermoderno posizionato a strapiombo sulla baia. “Evidentemente, dr Novak, si tratta del cuore della mia mezza mela.” rispose Giorgio. “Quando Zeus scagliò il suo fulmine per dividermi dall’anima gemella nessuno avrebbe mai pensato che ci saremo riuniti in questo modo!” continuò sorridendo e cercando di dare una spiegazione logica ai dubbi del chirurgo con l’amore per la mitologia che lo aveva accompagnato durante i suoi lunghi anni di solitudine e ricerca.
“Ma questo è un reparto di cardiochirurgia non il Simposio.” gli fece eco il professionista, cercando anch’egli nell’irrazionale quanto la scienza non riusciva a spiegare.

Giorgio riprese la vita di sempre, tanto da tirar fuori dal garage la vecchia Suzuki dal serbatoio color panna che la malattia gli aveva fatto mettere da parte e che stava usando come mezzo di trasporto, complice un autunno mite. Mentre si allontanava dalla clinica per le dimissioni definitive, percorrendo la strada panoramica che lambiva il polo ospedaliero, iniziò a montare in lui l’ansia della domanda senza risposta. Chissà se prima o poi sarebbe stata soddisfatta la sua curiosità circa il donatore e, pur comprendendo i protocolli di riservatezza, un’inquietudine non risolta continuava a lambire le sue giornate, come le ombre lunghe che il mese di novembre stava portando con sé.
Raggiunse il centro e la vecchia e polverosa libreria dov’era solito trascorrere i pomeriggi di ozio che ogni tanto si regalava, certo che non avrebbe trovato nessuno. Tanti anni vissuti da solo gli avevano fatto amare la solitudine, quasi coltivandola, rendendo le sue rare amicizie sempre più esclusive. Troppe volte aveva aperto il cuore a chi gli aveva chiesto aiuto e troppe volte ne era rimasto ferito. “Non accadrà più”, si disse, “con il cuore nuovo starò più attento. Visto che sembra una favola, esigerò un lieto fine.” si promise.

“Buongiorno Giorgio, cosa posso proporti oggi?”
Il saluto del vecchio libraio, polveroso come i tomi accatastati fino al soffitto, in un apparente caos primordiale, lo distrasse dai buoni propositi che con il cuore nuovo, e la nuova vita, si stava dando sempre più spesso.
Buongiorno Italo!” rispose vivacemente, sorridendo da dietro gli occhiali scuri e sfilandosi la sciarpa in cachemire blu che aveva avvolto attorno al collo. “In realtà sono venuto a restituirti tutti i trattati di viticoltura estrema che ci aveva consigliato Agnese tanti mesi fa, ti ricordi? Era appena tornata dalla Georgia e si era innamorata del vino conservato nelle anfore e della tecnica sopravvissuta ai decenni di dittatura comunista. Lettura interessante, senza dubbio, e strana.” concluse.
Strana come lei” proseguì Italo. "Mi aveva chiesto più volte di te, prima che la tua malattia ti limitasse nei movimenti e avevo intuito un certo dolore, ma non ho indagato oltre. Si è congedata qualche mese fa, dicendomi che doveva partire per un lungo viaggio, raccomandandosi che ti consegnassi questo, appena ti avessi rivisto.”
Italo gli porse un pacchettino confezionato con cura: la carta, ruvida e dal rosso intenso, aveva nell’ordito dei fili d’oro che riproducevano motivi a forma di goccia, ed emanava un profumo speziato, di coriandolo e agrumi. Un sottile nastro in seta avvolgeva il leggero parallelepipedo. Non c’erano biglietti.
Giorgio guardò il libraio con aria interrogativa mentre il pacchettino sembrava acquistasse peso e calore. “Non so niente di più!” rispose il vecchio amico alla domanda non espressa.
Mise il pacchettino nello zaino scuro e distrattamente restituì i libri presi in prestito. Italo, nell’aggiornare la sua scheda, rigorosamente a mano e con la stilografica che gli aveva donato il padre, esclamò: “Ma oggi è il 18 novembre! Buon compleanno, Giorgio!”
Già, il primo compleanno della sua nuova vita.


Una volta giunto a casa Giorgio fu distratto dalla lettura della posta, dalla vicina di casa con il vizio del fumo e con il gatto in perenne fuga e dal telefono che non smetteva di squillare, dimenticando il pacchettino misterioso.
Francesco lo raggiunse mentre il sole stava calando, avvolgendo di un rosso intenso le finestre e gli interni del suo salotto bianco e grigio. Sembrava che il sole si specchiasse sulla superficie di un mare placido, una piscina, da tanto riverbero mandavano i raggi.
E’ un compleanno importante, Giorgio” puntualizzò l’amico mentre osservava i riflessi del vino prezioso che gli era stato appena versato “42 è un multiplo di 7 e per la Cabala significa che stai affrontando grandi cambiamenti.” La riflessione fu subito interrotta dal vociare che proveniva dalle scale: gli amici gli avevano organizzato una serata a sorpresa, pretendendo la sua presenza e attenzione.

Fu quasi l’alba quasi rientrò a casa e solo allora si ricordò del pacchettino rimasto nello zaino. Sembrava ancora più pesante e più caldo di quando lo toccò per la prima volta. Il rosso si era fatto più intenso e l’oro brillava maestoso. 
Sfiorò il disegno di una goccia con il polpastrello della mano sinistra, ricevendone in cambio un brivido, come una carezza discreta. Scartò il pacchettino cercando di non sciupare la carta, che si aprì come una vestaglia di seta, un origami prezioso, svelando un libro “Il gusto della vita insieme. Elogio della coppia” di Claude Habib. Non conosceva l’autrice ma mentre leggeva la sinossi, che anticipava un saggio “sui piaceri delle relazioni che durano nel tempo e sulla promessa di felicità nella quale almeno una volta nella vita possiamo credere tutti”, si ricordò quando Agnese, mentre gli raccontava dei suoi viaggi in Persia, gli aveva svelato che in arabo habibi vuol dire “amore mio”, uno dei sessanta modi che la cultura della mezzaluna fertile ha per definire la bellezza di questo sentimento. Allora non aveva colto quanto in realtà la donna voleva dirgli e mentre sfogliava il libro si accorse di un foglio leggero, piegato in modo tale da ricordargli un fiore, che segnava pag. 120, dove l’attenzione fu colta dalla frase “E io t’aspetto, ricordati.”
Aprì delicatamente l’origami e già dopo le prime righe calde lacrime di comprensione gli solcarono il viso mentre leggeva del dono di Agnese, del cui infinito amore non si era mai reso conto, come neppure del suo, soffocato dalla diffidenza e dalla paura di una nuova sofferenza. 
La lettera si concludeva con un commiato che non era un addio ma un arrivederci.
"Dolce Amore mio, dolcissimo Amore mio, la vita talvolta è strana e ti fa incontrare persone senza le quali capisci di non poter vivere ma con le quali, allo stesso tempo, per ragioni oscure, ti impedisce di condividere la tua esistenza. 
Se non posso vivere con te, voglio farlo in te. Ti sembrerà strano ma i tuoi sorrisi ombrosi, i silenzi loquaci, il pudore che ti ha a lungo impedito di parlare della tua malattia mi hanno fatto capire che tu eri la mia mezza mela. Sapere del tuo cuore malato è stato come ritrovarmi in mare aperto senza sestante, una barca in balia della furia del vento, senza la speranza di un porto sicuro dove trovare riparo. Naufraga, senza il sostegno della guida di una notte stellata. Ho scelto di interrompere il mio cammino e fare in modo che il mio respiro terminasse laddove sarebbe iniziato il tuo. 
Finché mi terrai in te, il nostro cuore non sarà più un cuore infranto. 
Per sempre tua, Agnese.”


Per l'Mtc e la e-saltata di questa settimana non poteva mancare il consueto racconto, ispirato alla stagione che stiamo vivendo, l'estate, secondo me la stagione più malinconica dell'intero ciclo annuale e da un libro, quello citato, ricevuto in dono qualche giorno fa da una serissima e preparatissima giornalista di economia, dopo che le avevo raccontato come con la fibra ottenuta all'estrattore era possibile preparare deliziosi piatti ricicloni e vegani. E dal fatto che mi è stata chiesta una donazione straordinaria di una sacca del mio sangue, Gruppo A Rh negativo.
La ricetta, anch'essa ispirata all'estate, è invece buona, pulita e giusta, ricca com'è di fibre, grazie alla farina di ceci, e di licopene, così che Giorgio potrà continuare la sua riabilitazione senza soffrire più.

Millefoglie di crepes con feta al timo, datterini confit e granella di pistacchio

Ingredienti (per 4 persone)
100 gr farina di ceci
250 ml di latte crudo
una noce di burro chiarificato
2 uovo bio
300 gr di feta
un cucchiaio di foglie di timo fresche
500 gr di datterini confit
2 cucchiai di pistacchi freschi
zucchero di canna integrale (meglio Fairtrade)
pepe nero di Sarawak
olio evo
sale iodato

Preparazione
Lavare i datterini, disporli sopra una placca da forno protetta da un foglio di carta forno, unire una presa di sale, una presa di zucchero di canna, 2 cucchiai rasi di olio evo ed un po’ di pepe macinato al momento. Cucinare nel forno statico già caldo a 160’ per circa 1h30’ oppure a 200° per 40'.
In una ciotola porre la farina setacciata, unire le uova appena sbattute, unendo a filo il latte. Regolare con un sospetto di sale la pastella così ottenuta e lasciarla riposare un’ora in frigo, coperta da pellicola.
In un’altra ciotola sbriciolare con le dita la feta e profumarla con il timo fresco e un cucchiaio di olio evo.
Usando una padella antiaderente di 16 cm di diametro cucinare per 2' minuti per lato delle crèpes appena un po' spesse e lasciarle raffreddare. 
Con un coppapasta di 5 /6 cm di diametro ottenere almeno 4 piccole sfoglie di crèpes per ogni singola frittatina.
Frullare, tenendone da parte 1/3, i datterini confit e filtrare la passata al colino cinese, ottenendo una crema morbida e profumata.
Preparare il piatto nel modo seguente: una sfoglia, un po’ di passata, un po’ di feta sbriciolata e così fino alla fine degli ingredienti. 
Decorare con i confit messi da parte e con un po’ di granella di pistacchio, ottenuta tritando i semi al un coltello.

#lebuonericette e l'Insalata di orzo allo zafferano con feta, cipolla di Tropea e mandrole


Il sole continua a scaldare ed illuminare le nostre giornate, garanzia quotidiana di buon umore! Sentimento che ho trasferito in questo piatto, preparando "un'insolita insalata" completa da un punto di vista nutritivo e ricca di sapori intensi che ben si amalgamano fra di loro.


L'orzo è un cereale che amo molto, unitamente al grano saraceno, che trovo duttile in cucina, sia nella cottura che negli abbinamenti, e facilmente digeribile.
Ho quindi pensato che il sole di questi giorni poteva finire nel piatto grazie allo zafferano ed i colori dei tramonti settembrini si potevano declinare nella cipolla di Tropea tagliata sottilmente e le piccole foglie di timo, meglio se selvatico.


La feta in dadolata e le mandorle a lamelle trasformano un piatto semplice in una proposta di sicuro effetto. La ricetta? La trovate qui, nel sito de "Le buone ricette" di Pam e Panorama.


Buon appetito!

"Mangia le more che diventi come Zeus!" ed un'insalata speziata con il melone, la feta e lo zenzero

Secondo la mitologia greca i frutti di bosco sono originari di Creta, l'isola che diede i natali a Zeus. Che evidentemente devono avergli fatto un gran bene, visto le sue gesta passate alla cronaca.

Piccole bacche di arbusti dotati di personalità, si tratta di frutti spontanei che l'uomo, nel corso dei millenni, ha saputo selezionare ed incrociare, così da rendere più semplice sia la coltivazione che la successiva raccolta, ottenendo così una variegata offerta di frutti che maturano lungo un periodo di tempo più lungo e che provengono da arbusti senza spine.

Il frutto della mora matura invece in un periodo più limitato, da agosto a settembre (meteo permettendo): è molto succoso, ha un sapore acidulo ed un buon profumo. Va raccolto con cura ed attenzione, anche perché il succo macchia mani ed abiti (viene usato infatti sia nell'industria conserviera sia in quella tessile "equa" per colorare e per tingere), conservato per non più di tre giorni nella parte bassa del frigo e magari cosparso di zucchero semolato prima di abbatterlo in negativo o congelarlo per poterne poi godere in inverno.

La mora è uno scrigno di bontà: ipocalorica, molto digeribile e dall'alto potere saziante, contiene solo 21 calorie per 100 grammi, il suo peso è composto da oltre l'80% da acqua e naturalmente le fibre la fanno da padrone. Come tutti i frutti di bosco la mora è ricchissima di potassio, unitamente al calcio, fosforo, magnesio e naturalmente il ferro. Contiene quasi 20 mg di vitamine per 100 g: la più presente è la vitamina C ed a seguire la vitamina A, la Riboflavina o vitamina B2, la Niacina o vitamina PP e la Tiamina o vitamina B1. Senza contare che tutti i frutti che manifestano un bel colore scuro, come il mirtillo, la prugna e vai con la macedonia della salute, sono ricchissimi di Antociani, flavonoidi dall'incredibile potere antiossidante.


In questi giorni, pochi purtroppo, dedicati al relax mi ritrovo circondata da graziosi cespugli di more e quindi dopo averle mangiare nature, in frullati e in estratti ho iniziato a sperimentare preparazioni un po' più complesse: cominciamo con un'insalata, che diventa in realtà un pranzo completo, e sto già prendendo appunti per i prossimi giorni, come un grazioso orzotto di more mantecato all'Asiago, un filetto di maiale, un dolcino con il pan brioche... stay tuned ;)

Insalata un po' speziata e al basilico con feta, melone bianco e more

Ingredienti (per due persone)
100 g di feta, 1/8 di melone bianco, 1 tazza di more, 10 foglie di basilico, 1 lime, la punta di un mix tra pimento, cannella e noce moscata, 1 pezzettino di radice di zenzero fresca, sale di maldon, olio evo.

Procedimento
Preparare una citronette con il succo del lime, un cucchiaio di olio evo, le spezie e la radice di zenzero grattugiata con il microplane.
Tagliare in dadolata regolare il melone e la feta.
Spezzettare grossolanamente le foglie di basilico e lasciarne un paio intere per il piatto.
In una ciotola unire la feta, il melone, il basilico e la citronette: mescolare delicatamente e trasferire in un  piatto, disporre le more e terminare con qualche fiocco di sale e le foglie di basilico intere.

Cucinare con Staub e Zwilling: ci vediamo Dal Toscano a Mantova. Con delle Schiacciate grigliate con feta profumata al timo

E' finalmente scoppiata l'estate ma per me, che devo ancora affrontare seriamente il cambio di stagione del mio armadio, non è davvero un grande problema.
Beh, oramai i capi d'abbigliamento che indosso quotidianamente sono la giacca da cuoco ed i grembiuli declinati nei colori che amo maggiormente ovvero i bianchi e i neri, i grigi e i le tinte naturali. Quindi rimane un solo grande dilemma: come togliere certe macchie che sembrano diventate un tutt'uno con il dna ;)



Quando scoppia l'estate poi accendere il forno diventa un supplizio di Tantalo e ci si concentra su cotture un po' diverse utilizzando magari il wok o la tajine. E anche la bistecchiera, ovviamente.
Strumento in ghisa Staub che, il prossimo martedì 19 giugno, presso gli amici de "Dal Toscano", sarà il protagonista di uno showcooking in compagnia dell'acciaio dei coltelli Zwilling.

Il minicorso di cucina, dalle 17 alle 19, prevede la preparazione di 3 piatti e del consueto aperitivo di benvenuto: Rillettes di trota con finocchietto e sambuca, Piccata di pollo al mango (bistecchiera), Filetto di maiale con verdure e lime (ricetta thai), Spiedini dolci (bistecchiera).

Nel frattempo, visto che fa caldo sul serio, una proposta davvero sfiziosa ovvero delle Schiacciate grigliate con feta profumata al timo che, grazie proprio alla ghisa smaltata della bistecchiera Staub, si trasformano in un spuntino profumato e fresco, da accompagnare ad una buona birra artigianale.


Vi aspettiamo dunque, a Mantova Strada Romana 48 a Virgilio (MN), il prossimo martedì 19 giugno, dalle 17 alle 19.



Schiacchiate grigliate con feta profumata al timo


Ingredienti (per 4 persone)
200 gr di Petra1 (o farina 0), 150 gr di feta, 2 cucchiai di timo essicato, 1 albume, 1 dl di olio evo, rametti di timo fresco, pepe nero in grani, coriandolo in grani, sale grosso o in fiocchi, acqua fredda.

Procedimento
Setacciare 200 gr di farina e lavorarla in una planetaria con la frusta a gancio con 50 ml di olio evo e 100 ml di acqua fredda ottenendo un impasto sodo ed elastico (ma se non avete la planetaria basta una ciotola metallica e 10' minuti del vostro tempo). Coprirlo con pellicola e lasciarlo riposare per circa 1 ora.

Sbriciolate il caprino, unire il timo secco, un’abbondante macinata di pepe nero, una di coriandolo e far riposare in frigo.

In una spianatoia infarinata dividere l’impasto in 8 parti uguali e “pirlarle” ovvero lavorarle fino ad ottenere altrettante palline. Stendere la pallina fino ad ottenere una sfoglia sottile e rettangolare, spolverizzarle di farina.
Emulsionare l’albume con due cucchiai scarsi d’acqua, dividere e mettere al centro di 4 rettangoli il formaggio, spennellare i bordi con l’emulsione, coprire con i 4 rettangoli restanti sigillando bene i bordi con le dita affinché il ripieno non esca.

Spennellare le schiacciate con l’olio evo rimasto e cucinarle su una griglia ben calda per 2-3’ con la parte unta sopra la superficie calda, spennellare la parte superiore delle schiacciatine, girarle e cucinarle per altri 2-3’.
Cospargere con sale grosso o in fiocchi e decorare con qualche rametto di timo fresco e servire subito.

"Il paradiso in terra non esiste, ma chi va in bicicletta ci arriverà comunque". E dei cestini con feta e cipolla brasata al vino rosso



La bicicletta è un oggetto umile.
Solleva da terra e consente di volare senza darsi troppe arie, con la consapevolezza che è tutto merito delle proprie forze.
A Padova la bicicletta è molto amata, soprattutto dai ladri che, fino a qualche tempo fa, gestivano il mercato direttamente dai parcheggi vicini alla stazione del treno: quando ad una signora venne offerta la propria bicicletta, parcheggiata da poco, ad un buon prezzo si decise di correre ai ripari, e l’amministrazione propose la marchiatura del codice fiscale sul mezzo e ricoveri non troppo costosi ed un po’ più sicuri.


La bicicletta sta bene con tutto: con le amate-odiate rotelle simbolo comunque di indipendenza, con la molletta e il pezzettino di cartone per mimare un motore deliziosamente ecologico, con vezzosi cestini che trasportano cagnolini con tanto di bandana colorata, con studenti dotati delle immancabili cuffiette, con distinti signori in giacca, cravatta e cartella di lavoro in cuoio vissuto, con signore cotonate che trattengono pudicamente la gonna svolazzante, con la coppia di innamorati in bilico tra il desiderio di sfiorarsi e il selciato disconnesso dall’età e dalle rotaie del tram.

La bicicletta è anche rivoluzionaria, alle volte anarchica.
Pensate alla sensazione di onnipotenza che provoca lo zigzagare in sella alla propria bici tra le file di auto sotto il sole rovente. Certo, quando piove chi sta dentro l’auto guarda con un misto di compatimento il ciclista fradicio ma vuoi mettere la soddisfazione in tutte le altre condizioni atmosferiche?
E provate a pensare al concetto di contromano (leggete i commenti di quest'articolo) e di come viene vissuto nelle complicate viabilità cittadine: gli automobilisti truci abbattitori di poveri ciclisti vs pazzi scatenati su due ruote che attentano alla sicurezza di alienati guidatori. Come sempre, tutti contro tutti.
Tranne in una pedalata come quella avvenuta 9 giugno scorso: da Londra ad Amsterdam, da Madrid a Torino e poi fino in Messico, nel mondo si è celebrata la World Naked Bike Ride. Tutti in bicicletta nudi, o quasi, per manifestare contro la cultura del petrolio e l'utilizzo delle macchine.
In automobile non sarebbe stato così divertente, con un motivo di riflessione in più "La vita è come una bicicletta con dieci velocità. La maggior parte di noi ha marce che non userà mai".



Cestini di pasta fillo al cumino con cipolla brasata al vino rosso, feta e pistacchio

Ingredienti (per 18 cestini)
1 confezione di pasta fillo Stuffer (oppure dell'altra pasta fillo di vostro gradimento), 1 kg di cipolle rosse, 200 gr di feta, 1 bicchiere di vino rosso aromatico, una noce di burro charificato, 2 cucchiai di granella di pistacchio, un cucchiaio di cumino in polvere, sale, pepe nero lungo, olio evo.

Procedimento
Tagliare sottilmente le cipolle, rosolarle con poco olio evo, sfumarle con il vino rosso e cucinare per circa 10'. Devono essere cotte ma non sfatte, ancor un po' croccanti. Mettere da parte, far raffreddare, regolare di sale e pepare.
In una ciotola sbriciolare la feta e condirla con un filo d'olio ed un po' di pepe nero lungo.
Stendere un foglio di pasta fillo, spennellarlo con poco burro sciolto e unito al cumino in polvere. Ottenere dei quadrati di circa 10x10 cm, posizionarli in uno stampo da muffin (anch'esso spennellato) e dorarli per pochi minuti nel forno statico già caldo a 190°.
Lasciar raffreddare i cestini e comporli versando una cucchiaiata di cipolle brasate, un po' di feta profumata e una presa di granella di pistacchio.

Prove di Burek per la Cena Balcanica di Elisabetta


Nelle ultime settimane la mia cucina è stata piuttosto nomade. Ieri addirittura accompagnata da un fantastico duo acustico, colonna sonora per una golosa chiacchierata sul cioccolato e la sua curiosa storia.

Bisogna prendere fiato, per riordinare gli appunti e le idee, definire progetti, materializzare sogni. Così, stamattina, con Elisabetta ci siamo prese il tempo di imparare (io!) e di cucinare (lei!) un piatto che viene da molto lontano: il Burek.

"Cena in Terrazza": le ricette del corso


Continuano i post dedicati alle ricette presentate al corso "Cena in Terrazza".
Oggi un bicchierino con le cipolle di Tropea e dadolada di feta profumata al finocchietto con pestato di parmigiano e aceto balsamico Ursini.



Il radiologo è l'unico uomo per cui la donna sia trasparente


Le valigie sono state disfatte e l'attrezzatura pulita e riposta in garage..
Il giardino che nascondeva leoni e coccodrilli è tornato all'abituale quasi ordine..
I grilli cantano meno ed i ricci hanno rifatto capolino..
Piove e la temperatura si abbassa improvvisamente..

E' ora di tornare in cucina e di dedicarsi alla cottura dei cibi ed alla preparazione delle pietanze, non solo per nutrire la prole in agitazione per l'imminente inizio dell'anno scolastico, ma anche per godersi i profumi di una stagione che si sta allontanando, incalzata dall'arrivo della successiva, una tavolozza ricca di arancio, terra di siena bruciata, rosso porpora.
E magari mettere un po' di questi profumi sottovetro, così da conservare l'estate e da anticipare l'autunno, colorando la dispensa ed i piatti "in differita"!

Feta aromatizzata sott'olio

Ingredienti

500 gr di feta, 8 foglie di alloro, una manciata di bacche rosse, qualche grano di pepe nero, 4 vasetti bormioli da 250 cc.

Procedimento

Sterilizzare i vasi (nel forno a microonde per 5'), lasciarli raffreddare e riempirli con la feta in dadolada, le foglie di alloro pulite con un panno, le bacche rosse ed i grani di pepe nero. Coprire con l'olio evo e chiudere ermeticamente. Lasciar riposare al buio per un paio di settimane prima di aprirli e consumare la feta entro due mesi..giusto in tempo per la zucca ed i funghi!

Cipolle di Tropea e dadolada di feta in bicchierino

La Cipolla rossa di Tropea Calabria IGP, la dolce rossa, si declina in moltissimi modi in cucina e fra tutti buonissima è la celebre marmellata.
Ed un bicchierino vuoto accanto ad una invitante cipolla rossa mi hanno "dettato" questa fresca Millefoglie di Cipolle di Tropea brasate al vino rosso e dadolada di feta (con lamelle di mandorle ed aceto balsamico 12 travasi).
Procedimento ed ingredienti
Le 4 cipolle affettate finemente ma non troppo vengono prima soffritte in olio extravergine d'oliva ed una volta dorate si versa un bicchiere di buon vino rosso (200 cc) nella casseruola, un cucchiaio da tè di zucchero di canna, si abbassa il fuoco e si lascia pipare lentamente, fino al completo assorbimento. Nel frattempo si prepara una dadolata di feta (200 gr) e si condisce leggermente con un filo d'olio extravergine ed un pò di sale e pepe macinati al momento.

Una volta raffreddate le cipolle la composizione del bicchierino è davvero semplice: uno strato di cipolle, uno di feta, qualche lamella di mandorle e per chiudere qualche goccia di aceto balsamico di un certo spessore.

Buono....e l'abbinamento del vino? Beh, sarebbe logico continuare con il vino rosso utilizzato per la cottura ma perchè non accompagnare questo bicchierino con un Chardonnay Carato Doc, vendemmia 2003, dell'Azienda Valpanera, magari in una sera da trascorrere con gli amici più cari.